Tutti Quanti Abbiamo Un Angelo

Un racconto che testimonia il fatto che tutti quanti abbiamo un Angelo accanto a noi volto a proteggerci e guidarci

Era un po’ di tempo che mio padre non stava bene. Da circa due anni la sua salute era diventata una preoccupazione per tutta la famiglia. Noi figli lo accompagnavamo continuamente in ospedale per esami e accertamenti, ma era mia madre che cercava di prendersi sempre il peso più grande sulle spalle. D’altronde era suo marito, diceva, era lei la prima che doveva e voleva occuparsene.
Una notte non riuscivo proprio dormire. Ero nervoso e agitato. Cercavo di concentrarmi su me stesso e sul mio respiro, ma senza successo. Fu questo stato d’animo, forse, che mi fece avere una visione che avrei preferito rimanesse lontano dalla mia testa. Mi trovavo davanti alla casa della mia famiglia a Londra, tutto vestito di nero il viso sfatto dalla sofferenza. Qualcuno che non riuscivo riconoscere, comunque una figura maschile, mi diceva:” ci sono tantissimi fiori, serviranno altre macchine per trasportarle al cimitero. Si trattava di un funerale, davanti alla casa passò un carro funebre trainato da due cavalli neri. Mi accorsi che la persona che aveva parlato nel sogno era mio padre. Mi avvicinai  ai fiori: sui nastri c’era il nome di mia madre. Mi svegliai con un urlo .

Decisi di aspettare qualche ora, ma appena possibile avrei chiamato i miei per sapere cosa stava succedendo. Quella visione mi aveva quasi tolto il respiro.
“ Ma cosa stai dicendo, Craig? Era solo un sogno!” Rispose mia sorella Susan, ancora mezzo addormentata e infastidita dal mio allarmismo.
“ No ti giuro, era una visione, ne sono sicuro! Come sta la mamma?” Incalzai.
“La mamma sta benissimo. Forse era il funerale di papà, è lui che non sta bene, lo sai.”
Due settimane dopo il sogno sentivo fortissima la mancanza della mamma. Nessuno mi aveva comunicato niente, quindi doveva star bene. Decisi comunque di mandarle dei fiori per farle capire che la pensavo, anche se mi trovavo lontano, nel paese che lei amava tanto. La mattina dopo la chiamai per chiederle se avesse ricevuto i fiori. Era tranquilla e gioviale come sempre, ma non mi convinceva del tutto. Nel pomeriggio mi chiamò mia sorella Amanda: ”Craig, stiamo portando la mamma in ospedale, si sente poco bene e il medico dice che sono necessari dei controlli subito.”

Ci volle poco perché i medici rendessero ufficiale a tutti la diagnosi: cancro allo stomaco. Ormai incurabile. La mamma lo sapeva da tempo, ma non aveva detto nulla a nessuno. Soffriva di fortissimi dolori allo stomaco da settimane, ma se li era tenuti per sé, visto che mio padre stava male. Quando i dottori le avevano fatto la diagnosi, le avevano detto che c’era poco da fare e lei aveva deciso che non era il caso di allarmare la famiglia. Eravamo tutti sconvolti. La mamma era il pilastro della casa, in ogni senso. Non era mai stata malata. Volevamo passare più tempo possibile con la mamma, ed io ero arrivato proprio all’ultimo momento.

Mi avvicinai al suo letto e le presi la mano. Ero impaurito, non ero pronto a vederla in quello stato. Subito mi ritrovai in lacrime, mentre invece lei rimaneva tranquilla.
“ Su, Craig! Non ci vediamo da un sacco di tempo e l’unica cosa che sai fare e metterti a piangere?” Scherzava lei con un filo di voce. Io non riuscivo a parlare, qualsiasi cosa potessi o volessi dire mi si fermava in gola. Pensai che era da tanto che non la abbracciavo. La mamma aveva nove figli da coccolare, quindi gli abbracci andavano distribuiti equamente. Invece di parlare, la circondai con le braccia, come se fossi stato ancora un bambino. Nonostante fosse in fin di vita, mi sentivo avvolto d’amore e protetto. Il funerale fu straziante. Eravamo tutti uniti nel cercare di sostenerci a vicenda, ma il peso da sopportare era troppo grande. Nessuno si aspettava la morte della mamma. Vennero tantissime persone alla messa e, dopo casa per mostrarsi partecipi al nostro dolore.

“ Non sapevo che vostra madre conoscesse così tante persone” disse papà. Proprio per questo motivo, la casa si stava riempiendo di mazzi e corone di fiori, tanto che a un certo punto non sapevamo più dove metterli. Mio padre era all’ingresso che riceveva le persone. Io mi avvicinai per dirgli che andare a riposare e lui, senza ascoltarmi, mi disse, indicando il giardino: ”Ci sono tantissimi fiori, serviranno altre macchine per trasportarli al cimitero.” Rimasi incerto per qualche istante. Era un sogno, quello? Poi sentii gli zoccoli dei cavalli e vidi arrivare il carro funebre dentro cui si trovava la bara di mia madre. Purtroppo era tutto vero: la mia visione era stata fin troppo dettagliata. Avrei preferito sbagliarmi del tutto. Il funerale continuò, ma era come se io fossi assente. Pensavo a tutto quello che mi era successo nella vita, a tutte le volte che avevo sofferto. Fin da piccolo, la mia paura principale era la separazione dalla mamma. Adesso quel terrore era diventato realtà e io non potevo farci nulla.

Mi misi a piangere senza freno, non riuscivo a trattenermi. Fu allora che sentì una voce dirmi “Non piangere, devi essere forte per tutti gli altri”.
Inizialmente mi guardai intorno senza capire da dove provenisse. Poi mi resi conto che quella voce la sentivo solo io, ed era la mamma. Aveva cercato il canale più facile per comunicare ancora con noi e  dirci che stava bene e  che non le mancava nulla dove si trovava ora. La cosa mi rasserenò per un istante. Smisi di piangere, ma non dissi nulla alla mia famiglia della sua manifestazione, per evitare che si potessero turbare ancora di più.

Craig Warwick* (Tutti quanti abbiamo un angelo)

Nota* Craig Warwick è nato a Londra ma vive da anni in Sicilia. All’età di sei anni inizia a parlare con delle presenze invisibili agli occhi degli altri. Crescendo capisce che quelle figure sono angeli e che a lui è concesso il dono di mettere in contatto le persone con i loro cari scomparsi. Ha collaborato con personalità come Lady Diana e Kate Winslet ed è consulente dell’FBI nella ricerca di persone scomparse.

Craig Warwick tutti quanti abbiamo un angelo