Contatti Angelici – Preveggenza oppure era un Angelo?

Premessa: Il seguente racconto è una storia realmente accaduta di contatti angelici, ho cambiato il nome del bimbo per rispetto nei suoi confronti.

Avevo all’incirca 11 anni all’epoca. Mio padre aveva una casa con il giardino che dava direttamente sul lago. Quella sera passò a trovarlo un suo amico di vecchia data, insieme a suo figlio, di quattro anni circa, dal nome Francesco. Venivano spesso da noi durante i fine settimana. Mi ricordo che ogni volta che vedevo Francesco, mi assaliva una strana sensazione che non sapevo spiegare. Mi sorprendevo spesso a pensare che era un bambino diverso dagli altri della sua età, aveva un’aurea di bontà che lo avvicinava di più a un angelo che a un essere umano. L’amico di mio padre aveva un motoscafo che usava per portare suo figlio a fare delle gite. Avrebbero fatto dei fuochi d’artificio da lì a pochi giorni proprio in mezzo al lago, e il padre chiese a mia sorella e me se volevamo andare insieme a loro a vedere i fuochi da vicino con il motoscafo. Naturalmente entusiaste rispondemmo di sì. Eppure anche quel giorno quando vidi Francesco, percepivo uno strano dolore al cuore, ero confusa, in preda a sentimenti sconosciuti misti all’inquietudine che non riuscivo a controllare, ma non riuscivo a capire il perché! Mi ricordo che non riuscivo a staccare gli occhi da lui, era come se volessi fotografare la sua immagine: il suo viso, il suo sguardo , il suo modo di essere e di parlare.

Quando arrivò il giorno, mi svegliai con una sensazione di apprensione. Non riuscivo a condividere l’entusiasmo di mia sorella. Lei era in trepida attesa ed eccitata dal fatto che quella sera saremmo andati con il motoscafo in mezzo al lago a godere di uno spettacolo meraviglioso, in una posizione privilegiata. Io invece ero come avvolta in una nube di malessere, di depressione che non aveva nessuna giustificazione apparente. Ero di malumore, avevo voglia di restare sola, ero invasa da un’inquietudine inspiegabile che avvolgeva tutto il mio essere, mi faceva stare male. E la cosa peggiore era che non sapevo darmi una ragione. Arrivò il fatidico momento, e il motoscafo dell’amico di mio padre accostò nel nostro piccolo porto, per darci modo di salire a bordo. Ad un tratto sentii una voce dentro me, era nitida e imperiosa, sembrava una voce diversa dalla mia, più profonda. La voce mi intimò a non salire! E siccome non diedi retta a quell’ ammonimento perché non volevo deludere mia sorella, nonostante la mia titubanza feci il gesto di salire sulla barca. E in quel momento la voce dentro me, che sembrava avere un tono maschile Angelico ma forte, incalzò con più ardore e fermezza: “No!!! Non devi andare!!! Non salire!!!”

A quel punto non avevo più dubbi, e senza fermarmi a pensare, dissi che non me la sentivo di andare con loro. Mia sorella che era più piccola di me, iniziò a fare i capricci. Cercava di farmi sentire in colpa dicendomi che ero la solita guastafeste e che, se non andavo io, non sarebbe salita neanche lei. Ma più lei insisteva, più nitida si faceva in me la chiarezza dell’avvertimento ricevuto. Era come se qualcuno mi trattenesse ad un braccio, tenendomi lontana dall’imbarcazione. Sapevo che dovevo fidarmi, che dovevo dare retta a quella voce, a quella forza che mi dominava! E nonostante mia sorella usasse ogni mezzo per convincermi del contrario, rimasi irremovibile!

E così l’amico di mio padre se ne andò con il motoscafo insieme a suo figlio. Molto probabilmente era rimasto sconcertato e non riusciva a capire la mia reazione. Del resto nemmeno io riuscivo a capirmi.

Mancavano all’incirca 10 minuti all’inizio dei fuochi d’artificio in mezzo al lago. Io mi sentii sempre più irrequieta, angosciata, tanto che sentii il bisogno di allontanarmi dai miei genitori e dai miei fratelli che nel frattempo si erano appostati con le sedie nel giardino, con la visuale diretta verso il punto dove avrebbero sparato i fuochi.

Salii all’ultimo piano della casa, e mi appostai vicino alla finestra. Iniziarono i fuochi d’artificio, ed invece di esultare come sarebbe stato logico fare, iniziai a sentirmi invasa da una profonda sensazione di infelicità. Sentivo una tristezza mai provata prima. Avvolgeva tutto il mio essere e non riuscivo a togliermela di dosso. Non capivo cosa stesse accadendo ed il perché di questo mio atteggiamento.

Guardavo il lago illuminato dallo spettacolo dei fuochi d’artificio e non riuscivo a togliermi quel profondo malessere di dosso. Era come se stessi vivendo emozioni che non mi appartenevano ma che erano prepotentemente presenti in me tanto da distorcere la mia realtà! Lo strazio era tale per la quale non riuscivo a resistere fino alla fine dei fuochi, sentivo il bisogno di andare a dormire, per soffocare lo sconforto e il tormento che provavo.

La mattina dopo, venni a sapere dai miei genitori che il motoscafo dell’amico di mio padre era stato letteralmente investito da un’imbarcazione molto più grande della sua, guidata da un ubriaco. Il motoscafo era stato tranciato a metà, e loro due scaraventati nel lago. Francesco era morto sul colpo.

Negli anni mi sono spesso chiesta perchè! perchè noi ci siamo salvate, grazie all’avvertimento da me ricevuto, mentre lui, ha dovuto morire così! Poi ho capito che esiste un karma,  un destino. Ci sono anime pure che scelgono questo percorso, oppure semplicemente era arrivata la sua ora. Di fatto dopo questa triste esperienza ho raffinato la mia sete di sapere, di capire, di trovare un senso a questa vita.