ANGELI CHE SALVANO LA VITA

Anche se gli uomini, come ha fatto rilevare un teologo, sembrano essersi dimenticati degli angeli, ma gli angeli, come dimostrano certe insolite testimonianze, non si sono dimenticati degli uomini.
Si conoscono infatti i resoconti di salvataggi di uomini e donne compiuti da personaggi descritti in genere come “giovani, alti, luminosi, dall’espressione dolce amabile”. Caratteristica comune di questi personaggi è quella di spedire subito dopo aver compiuto salvataggio.
Le esperienze angeliche sembrano essere più numerose di quanto si potrebbe pensare: forse basterebbe fare il silenzio interiore, mettersi in ascolto e lasciare che l’Angelo faccia sentire la sua voce.Una giovane donna americana narra così la sua insolita avventura: “Riconosco che fu molto imprudente da parte mia andare a passeggiare al tramonto nel meandro di viuzze alle spalle del capolinea dell’autobus di Los Angeles. Ero giovane e per la prima volta mi trovavo in una grande città. Dovevo aspettare la sera per recarmi a un appuntamento di lavoro e pensai di dedicare qualche ora a visitare quel quartiere che non conoscevo. Finii per perdermi in quelle piccole strade poco frequentate, e mentre cercavo di orientarmi mi accorsi che nel buio tre uomini mi seguivano, cercando di non dare nell’occhio. Tremante di paura, feci quello che faccio sempre quando ho bisogno di aiuto: mi raccolsi in preghiera e chiesi a Dio di aiutarmi.
Quando sollevai la testa, vidi un quarto uomo che correva verso di me nel buio. Oddio, adesso ero veramente perduta! Ero così terrorizzata che mi ci volle qualche momento per rendermi conto che riuscivo a vedere quell’uomo anche al buio. Indossava un giubbotto candido e i blue-jeans, e aveva in mano una gavetta. Doveva avere circa trent’anni ed era alto almeno 1 m e ottanta. Il suo viso era severo ma bello: non posso descriverlo che in questo modo.
Corsi verso di lui e gli dissi: “Mi sono perduta e sono seguita da alcuni uomini. Ho paura…”
“Vieni, ti porto al sicuro” disse lui.
Era forte e infondeva un senso di sicurezza.
“Non so cosa sarebbe successo se lei non fosse passato da qui…” Gli dissi.
“Lo so io!”, disse lui. Aveva una voce profonda e melodica.
“Ho pregato tanto Dio di aiutarmi appena prima che lei arrivasse…”. Un sorriso appena percettibile apparve sulla sua bocca e nei suoi occhi: “Ora sei al sicuro”. Stavamo infatti avvicinandoci alla stazione dell’autobus.
“Grazie, grazie tante!” Esclamai con calore e riconoscenza.
“Ciao, Euphie!”
Rimasi come folgorata. EUPHIE! Mi aveva chiamato per nome! Mi voltai repentinamente, ma lui era sparito!”

L’altra vicenda è capitata una bambina svedese di nome Karin di dieci anni. Karin un giorno aveva fatto una gita in bicicletta con i genitori: li aveva distaccati entrambi di un bel pezzo e a un certo punto si era fermata in riva al fiume ad aspettarli. Sul bordo del fiume aveva visto ancorata una grossa barca, vi era salita, di lì aveva voluto saltare su una canoa legata alla barca, ma era scivolato ed era caduta in acqua.
In quel punto la corrente era piuttosto forte e Karin , che non sapeva nuotare, aveva cominciato ad annaspare disperata.
In quel momento arrivarono i genitori: appena si fu reso conto della situazione, il padre si buttò in acqua cercando in tutti i modi di raggiungere la figlioletta, ma senza riuscirvi. Allora prego Dio di aiutare la sua bambina, di non farla morire. Ed ecco che accade qualcosa di incredibile e meraviglioso: Karin emerse dall’acqua cominciò a notare in modo abile e sicuro, arrivando alla sponda in pochi secondi. Quando si fu asciugata ed ebbe ricevuto le prime cure, raccontò:
“E’ stato tutto così strano! Improvvisamente ho sentito come se qualcuno fosse accanto a me, invisibile. Mani forti hanno afferrato le mie braccia li mie gambe facendo far loro i movimenti del nuoto. Avevo la sensazione di non essere io a notare ma qualcuno lo faceva per me…!”.

Un uomo d’affari americano di nome Bob ha scritto questa sua avventura infantile:
“Avevo cinque anni e giocavo a palla. Dal giardino la palla uscì in strada e di qui in un canale. Non volendo perdere quella palla che mi piaceva tanto, uscì di corsa e mi diressi verso il canale. Ma proprio quando stavo per allungarmi ed afferrare la mia bella palla, mi apparve un Angelo alto, vestito di bianco, luminoso, che mi sbarrò la strada e scuotendo con decisione la testa mi disse: “No!” Io obbedii. Se non lo avessi fatto sarei finito nel canale e sarai annegato.

Ed ecco un duplice intervento angelico: uno presso la figlia e un altro, più portentoso ancora, presso la madre. Lo racconta Paola Taiti di Prato, che ha vissuto il suo incontro verso la metà degli anni novanta:
“In occasione del mio ultimo esame della facoltà di giurisprudenza che frequento a Firenze, mi sono rivolta all’Angelo custode. Erano anni che non lo chiamavo, l’avevo quasi dimenticato.
Quel giorno lo invocai più volte durante l’esame e mi sono portata la mano sulla spalla destra come per aggrapparmi a qualcuno che stava dietro di me, tanto era la paura che avevo. Sentivo che non ero sola. L’esame è andato bene: avevo studiato, però sono convinta che un ruolo importante l’abbia avuto l’Angelo”.
Non è finita: “Quando ho raccontato questo episodio a mia madre, lei mi ha rivelato per la prima volta una sorta di salvataggio angelico di cui era stata protagonista. Qualche anno fa fu ricoverata all’ospedale di Firenze per un’operazione non grave all’orecchio. Tutto andò bene, però il giorno dopo si sentì male, svenne e dovettero rianimarla; dato che non riusciva a riprendersi, un medico ritenne di doverle iniettare dei cortisonici, ma nel momento in cui varcava la soglia della camera della mamma si sentì fermare, girare per le spalle e per le braccia, non riusciva a muoversi. Dopo pochi minuti mia madre si riprese: il dottore era ancora come paralizzato e non ne fece l’iniezione. In seguito andò dalla mamma, dispiaciuto e imbarazzato, e le raccontò che lui le avrebbe fatto quell’iniezione che riteneva benefica se non si fosse sentito tirare indietro, letteralmente bloccare. Era sconvolto e incredulo. Risultò poi che la mamma si era sentita male perché le era stata somministrata una medicina base di cortisone: l’iniezione di cortisone le sarebbe stata fatale. Dopo una serie di analisi fu accertato che era allergica al cortisone, nessuno fino a quel momento ne sapeva niente. Nel raccontare questo episodio la mamma aveva le lacrime agli occhi: lei ritiene di essere stata salvata dal suo angelo, e anch’io la penso così”.

 

Paola Giovetti, Angeli