Amica Angelo
“Nulla avrebbe potuto scioccarmi di più dell’ espressione di Tim quando aprì la porta quella mattina di maggio poco dopo l’alba. “Che cosa c’è? Che cosa è successo?”. Non fiatò! Lo scossi per le braccia e iniziai a piangere, leggendo la sofferenza sul suo volto. Doveva essere accaduto qualcosa che per lui era troppo doloroso riferire e per me troppo doloroso da ascoltare. ” Kim è morta”. Si abbandonò contro di me, in lacrime. Kim era il genere di amica che sa sempre farti sorridere. Era gentile con tutti, simpatica e piena di entusiasmo. Avevo sempre creduto che la sua personalità le avrebbe portato grandi cose nella vita perché non si poteva conoscerla e non amarla. Non trovai una spiegazione per la sua morte né quel giorno né quella settimana ne in tutto l’anno. Aveva solo 19 anni. Passavo molto tempo a piangere in silenzio nella cappella del college. Gli altri mi lasciarono in pace, sapendo che prima o poi sarei uscita e avrei affrontato la giornata. A poco a poco trovai la forza di andare avanti. La trovammo tutti, ciascuno a modo suo. Pensai a Kim in ogni momento importante della vita: la laurea, il primo vero lavoro, il matrimonio. Lei non avrebbe mai avuto la possibilità di fare quelle cose. Era un’ingiustizia. Poi rimasi incinta della mia prima bambina. Kim sarebbe stata una madre meravigliosa, ma non ne avrebbe mai avuta l’occasione. Appena scoprii di aspettare una femminuccia, decisi di darle il suo nome. La nostra bellissima bambina nacque una sera all’inizio dell’estate, quando i fiori stavano sbocciando, come la notte in cui era morta Kim. La bimba era perfetta. Dopo che le infermiere se ne furono andate e sulla camera fu sceso il silenzio, sussurrai all’orecchio della piccola la storia di Kim. Ascoltò attentamente, poi si addormentò tra le mie braccia. Ad un certo punto sentii una mano sulla spalla. Ero stanca per il parto e stavo riposando tranquillamente. Non volevo svegliarmi, ma le dita mi strinsero, perciò non potei ignorarle. Pensando che fosse un’infermiera venuta a controllarmi, aprì gli occhi. Accanto al letto c’era Kim! Non lei in carne e ossa, bensì una foschia, ma al suo interno distinsi il viso della mia amica. La riconobbi all’istante. Nella stanza regnava un senso di calma e pace. Nessuna delle due parlò, ma udii la sua voce nella mia mente. Disse che voleva bene a mia figlia e che avrebbe sempre vegliato su di lei. La bambina era il ritratto della serenità. Percepii l’amore e l’armonia che si irradiavano da Kim. Aveva capito, intuii, che quello era il mio modo per onorare le cose che non aveva mai potuto fare su questa terra. Poi sparì. Sono trascorsi 15 anni. Mia figlia adora il proprio nome. In molte occasioni, gli altri hanno detto “Ha un Angelo custode che veglia su di lei”. Noi sappiamo che ce l’ha davvero.”