GLI ANGELI DI MIO FIGLIO

Sapevamo che sarebbe successo fin dal giorno in cui era nato. Nostro figlio era venuto al mondo con una malattia genetica incurabile. Cercammo di riempire di felicità la sua breve vita, e, in cuore mio, pregavo che la morte fosse delicata sia con lui sia con noi. Quella fatidica mattina l’istinto mi suggerì di preparare la sua colazione preferita, ma eravamo reduci da una notte in bianco. Così gli diedi qualche avanzo, un gesto di cui mi pento tutt’ora. A metà mattina si addormentò su alcune morbide trapunte nello studio. Di solito lo lasciavamo in pace, ma un’altra voce mi consigliò di metterlo nel suo lettino. Sono contenta di essere riuscita a fare almeno quello, nonostante la stanchezza. Morì nel sonno a causa di una forte crisi. Il dolore mi attanagliò la mente e il corpo al punto che non mi alzai dal letto per giorni. Gli altri due figli, affranti a loro volta, mi osservavano spaventati. Avevano bisogno di cibo e vestiti puliti, di una madre che insegnasse loro nonostante il dolore.

Contro la mia volontà, il mio corpo si alzò, preparò meccanicamente gli spaghetti con il ragù, infilò nella lavatrice i jeans e le T-shirt sporche, lavò i piatti e ascoltò le preghiere della sera. Con mio stupore, le mie braccia si muovevano come se fossero comandate da qualcosa o qualcuno. Guardai le mie mani, che non agivano per mia iniziativa, mi sentii una marionetta. “Qualcosa o qualcuno mi fa alzare dal letto e muove il mio corpo”, dissi a mio marito. Sopraffatto dal dolore, si limitò ad annuire. Una sera, dopo aver rimboccato le coperte ai bambini, mi sedetti sul divano, piangendo lacrime amare. Come può un cuore continuare a battere pur soffrendo così tanto? Eppure il mio non si fermò nonostante il terribile dolore fisico ed emotivo. Non avevo più voglia di vivere, non senza il mio bambino adorato.

“Dio, ti supplico, permettimi di seguirlo”, implorai. Mi sciolsi in singhiozzi con la testa che pulsava e le viscere straziate dal senso di vuoto. Le mie preghiere furono esaudite in modo diverso.

Nella sua misericordia, Dio riempì ben presto le mie nottate con sogni di gioiosi ricongiungimento con mio figlio. A poco a poco recuperai le forze e l’aiuto invisibile scemò lentamente lasciando solo un impercettibile sensazione di grazia e pace. Un giorno la mia vicina passò a fare quattro chiacchiere e a vedere come stessi. Il giorno in cui Alex era morto, disse, avevano visto l’ambulanza, la polizia e infine il furgone delle onoranze funebri fermarsi davanti a casa nostra e poi allontanarsi. Le auto dei miei parenti avevano invaso il vialetto e la strada e lei non aveva voluto essere indiscreta.

L’indomani, tuttavia, aveva trovato suo figlio, di soli quattro anni, affacciato alla finestra del bagno, intento a fare ciao e a conversare amabilmente. Sapendo che la finestra dava sui trascurati giardini laterali delle nostre case, si era allarmata. “Con chi parli?” aveva chiesto.

Il piccolo era sceso dal davanzale. “Con gli angeli”. Sua madre l’aveva guardato con aria interrogativa. “Quali angeli?”. “Quelli con il figlio di Lori”. Sgomenta, lei aveva guardato fuori dalla finestra. “Dove sono?”. Il ragazzino aveva indicato il tetto di casa mia e poi era sgattaiolato via per andare a mangiare, lasciandola senza parole. Per qualche misteriosa ragione, la mia vicina non era riuscita a vedere gli angeli né il bambino con cui chiacchieravano. Sulla strada accanto alla mia macchina, mi spiegò il motivo per cui non me l’aveva raccontato prima. “Non volevo pensassi che mio figlio fosse pazzo perché aveva parlato con gli angeli e con Alex senza che nessun altro li vedesse”. Pazzo? Era perfettamente logico invece non avrei mai superato l’ultima settimana se non fosse stato per l’aiuto divino.

Ne avevo sentita la presenza. Era ovvio che un bambino puro e innocente vedesse gli Esseri di Luce quando noi altri induriti dal cinismo non eravamo più in grado di vedere. Il mio cuore traboccò di gratitudine quando scoprì che gli angeli erano venuti ad accompagnare mio figlio in cielo e ad aiutarmi ad accettare la separazione.

Racconto la mia storia a molte persone, anche a coloro che non credono negli angeli e nell’aldilà. Reagiscono in vario modo, ma perfino il dubbio più radicato cede il passo allo stupore. Chi si meraviglia si ritrova un passo più vicino alla fede, e i credenti sorridono di questa dolce conferma della presenza angelica tra noi.


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