La morte è la porta della vita testimonianza

Stavo tornando a casa in auto dal lavoro e mi sentivo inquieta. Stavo pensando che avremmo dovuto passare il fine settimana fuori per  il “Giorno della memoria”, ma poiché avevo appena cominciato nuovo lavoro avevamo deciso di non andarci. Poco dopo il nostro matrimonio a mia suocera era stato diagnosticato un tumore al seno con un’aspettativa di vita di soli sei mesi. Ma grazie alle cure ricevute e alla bravura dei medici, a distanza di tre anni, lei era ancora viva. Natalia era una donna minuta, dolce e affettuosa. La sua poesia preferita si concludeva con questa frase: “L’amore nel tuo cuore non è stato posto per restarci. L’amore non è tale finché non lo dai a qualcuno”. Lei adorava i suoi tre nipotini con ogni fibra del suo essere.

Quando nacque Nicola sembrava semplicemente incapace di staccarsi da lui. Natalia ci aveva chiesto di portare Nicola fuori per il fine settimana del Giorno della memoria. Non ci aveva detto che stava molto male per non farci preoccupare. Erano le 4:45 del pomeriggio. Avevo fatto una breve sosta a casa e stavo andando al lido a prendere Nicola quando il telefono squillò. Era mia cognata. “Lisa, sono contenta d’averti trovata” disse Elena con un filo di voce. “La mamma se n’è appena andata. Eravamo con lei in ospedale, potete venire?”. “Certo prenoto il volo e vado a prendere il bambino. Arriviamo appena possibile “, la rassicurai. Alcuni minuti più tardi giunsi all’asilo nido. Federica, la moglie di un soldato di marina, gestiva quell’asilo nido per tenersi occupata mentre il marito era fuori in mare. Era molto attenta e affettuosa e trattava i bambini come se fossero figli suoi.

Ma quel giorno era visibilmente scossa e pallida in viso quando mi venne ad aprire la porta. “Che succede?” Le chiese mentre entravo, colta da un improvviso attacco di panico per mio figlio. “Si tratta di Nicola. Poco fa si è comportato in modo molto strano”, rispose Federica. “Stava giocando nella buca della sabbia con il suo camion preferito. Tutto d’un tratto lo ha lasciato cadere e ha guardato verso l’alto, verso il nulla, per un minuto. Poi ha salutato tre volte sua nonna”. “A quel punto ho provato una sensazione stranissima”, disse, sfregandosi gli avambracci con le mani. “Mi sembrava di essere osservata da qualcuno. Sono corsa da lui, l’ho preso in braccio e l’ho portato dentro”. Avvertii un’ondata di calore attraversare il corpo fino al viso. Federica proseguì: “Sapevo che probabilmente eri per strada perché ho guardato l’orologio in cucina e ho visto che erano le 4:30. Ma per quale motivo lui abbia chiamato la nonna, non saprei dire”. “Oh mio Dio!” Esclamai, precipitandomi da Nicola e sollevandolo da terra. “Mi hanno chiamato dall’ospedale dicendomi che mia suocera è appena morta.

Ho ricevuto la telefonata subito prima di venire qui”. Federica si appoggiò con le mani alla parete per reggersi. Era una devota praticante della chiesa Battista. “Sia lodato Gesù,…. è il suo spirito…!” Gridò. Era stato subito chiaro fin dall’inizio che mio figlio aveva un dono. So che molti genitori la pensano così, ma Nicola aveva sempre raggiunto i traguardi tipici della sua età prima di quanto fosse dovuto. A 18 mesi sapeva già parlare bene. Gli si poteva fare qualsiasi domanda e lui forniva sempre delle risposte corrette. Misi a sedere il mio bambino.  Dopo essermi inginocchiata accanto a lui gli chiesi per quale motivo avesse detto “arrivederci” alla nonna. Come se fosse nulla, Nicola mi spiegò che lei era andata a trovarlo perché stava partendo.

Mi raccontò che lei gli aveva detto che gli voleva tanto bene e che desiderava vederlo. Gli chiesi dove fosse la nonna e lui puntò il dito verso il cortile sul retro. “Era la fuori, sospesa nell’aria”. Poi gli chiesi se la nonna avesse fatto qualcosa e lui rispose: “La nonna parlava, ma non ad alta voce. Parlava con quella piccola voce dentro la mia testa. Mi ha detto che mi voleva bene e che avrebbe voluto baciarmi ma che non poteva”. “Perché?” Chiesi. “Perché aveva del sangue sulla bocca “, spiegò lui. “E poi è salita tra le nuvole”. Federica sbiancò . Io cercai di mantenere una certa calma esteriore e di non mostrare l’agitazione che sentivo dentro. Non volevo far piangere Nicola. Volevo delle risposte. “E che aspetto aveva la nonna?” Chiesi ancora. Nicola me lo spiegò con la sua voce da “ragazzo grande”. “Portava un vestito con dei piccoli fiori e aveva dei fili sulle braccia”.

Federica ed io eravamo esterrefatte. Natalia aveva desiderato talmente tanto vedere il suo nipotino che era venuta da lui prima di andarsene verso la luce. Sono convinta che le distanze e il tempo siano immateriali per lo spirito una volta lasciato il corpo. Lei voleva vedere il suo nipote e dirgli che gli voleva bene. Più tardi, quella sera, mio marito ed io giungemmo a casa di mio suocero dove c’erano già le sorelle di mio marito. Raccontai l’esperienza vissuta di Nicola e Natalia. Un silenzio attonito calò sui presenti.

Elena disse che, quand’era morta, sua madre indossava una camicia a fiorellini azzurri e aveva degli aghi di un’endovena infilati nelle braccia. Un’infermiera poi, nel toglierle dalla bocca il respiratore le aveva graffiato leggermente un labbro. Aveva un rigoletto di sangue all’angolo della bocca disse Elena stupefatta. Mio suocero capii in che modo Nicola era riuscito a sapere. Nove anni prima mio suocero era stato colpito da un grave attacco cardiaco che l’aveva quasi portato in punto di morte. Era stato allora che lui aveva avuto un’esperienza di pre morte. Dopo di che, aveva passato anni a leggere cercando di capirne di più di quell’esperienza e ci aveva insegnato tutto sulla capacità dello spirito di viaggiare per raggiungere infine la luce di Dio al momento della morte. Ci aiutò a credere fermamente che la morte è la porta della vita, non la fine. L’anima prosegue nel suo cammino, e Natalia ce l’aveva dimostrato.