La guida di mio padre ?

” Papà, la tua mano posata sulla mia spalla a guidarmi resterà per sempre con me “.

Quando avevo venticinque anni, mio padre morì a causa di un infarto. Aveva compiuto sessantuno anni appena due mesi prima. Quello fu il giorno più triste della mia vita. Non solo perché avevo perso uno dei miei genitori, ma perché avevo perso il modello a cui ispirarmi, il mio amico e consigliere, qualcuno che, a prescindere da qualunque cosa, era stato sempre presente.
Mio padre era mattiniero. Al mio risveglio, prima di andare a scuola, potevo sempre contare su di lui per una bella tazza di cioccolato e un abbondante colazione, e per qualche consiglio utile. Io e lui eravamo sulla stessa lunghezza d’onda e a volte mi lasciava sbalordita perché sapeva cosa stavo pensando ancora prima che glielo dicessi.
Quindici mesi dopo la morte di mio padre, mio marito ed io festeggiammo la nascita di Valeria, la nostra primogenita. Mia madre era felicissima di avere due splendide nipoti e anche le bambine le volevano bene. Era davvero un peccato che mio padre non avesse potuto conoscerle. Gli anni passarono e le nostre figlie ormai frequentavano le elementari. Quel giorno, era un bel pomeriggio d’autunno. Lisa, che aveva sette anni, era andata a trovare un’amica dopo essere uscita da scuola. Io, al termine del lavoro, andai a prendere Valeria a scuola e la portai a casa. Quello era l’ultimo anno di elementari per la mia primogenita. L’anno successivo avrebbe frequentato le medie. Il tempo passava davvero in fretta!
Dopo aver fatto merenda, Valeria uscirà giocare con alcuni bambini del vicinato. Io sbrigai alcune faccende in casa e poi andai in giardino a rastrellare un po’ di foglie. Giù in fondo alla strada, scorsi Valeria che stava tornando. Nel vedere tutte quelle foglie ammucchiate, lei cominciò a correre, spiccò un balzo e ci atterrò proprio nel mezzo facendole volare dappertutto. Io mi lasciai cadere su quello ch’era rimasto del mucchio ed entrambi ci mettemmo a ridere.
Prima di preparare la cena dovevo ancora fare un salto dal droghiere, che distava alcuni kilometri da casa nostra, per comprare alcune cose. “Diamoci una ripulita. Devo andare dal droghiere, cui possiamo apprendere Lisa”, dissi a mia figlia.
A Valeria piaceva stare sul sedile davanti quando andavamo da qualche parte senza sua sorella, così saltò in macchina e partimmo. Mentre percorrevamo le strade del quartiere, cominciammo a chiacchierare.
“Ieri Lisa ed io abbiamo raccolto delle ghiande. Quando papà torna a casa dal lavoro forse ci può aiutare a fare degli omini”.
Mentre svoltavo sulla strada principale, Valeria continuò a chiacchierare dei suoi programmi per il resto della giornata. Cercai di prestarle ascolto, ma qualcosa coprì la sua voce. Era un messaggio forte chiaro che mi echeggiò nella mente: “Quando arrivi al semaforo, fermati. Anche se è verde, non passare!”.
Ci avvicinammo al semaforo in fondo alla strada. Quell’incrocio era molto pericoloso ed era già stato teatro di innumerevoli incidenti. La luce era verde, ma io a rallentai a causa del messaggio che mi risuonava nella testa.
Il semaforo diventò giallo e poi rosso e io mi fermai. Quando diventò di nuovo verde, risentii mentalmente quelle parole: “Quando arrivi al semaforo, fermati. Anche se è verde, non passare!”.
Rimasi seduta là, col piede premuto a fondo sul pedale del freno. Solo la volontà Divina avrebbe potuto spostare l’auto! Trascorsero appena pochi secondi, che mi sembravano minuti. Con la coda dell’occhio vedevo mia figlia che mi fissava come se fossi impazzita.
“Lo so che il semaforo è verde, ma io non parto”.
“Mamma!”.
“No!. Restiamo qui!”.
Proprio mentre quelle parole mi uscivano di bocca, una Jeep nera attraversò l’incrocio a tutta velocità anche se il semaforo dalla sua parte era rosso. Riuscimmo a vedere la donna che era alla guida con il cellulare premuto contro l’orecchio, talmente presa dalla conversazione da ignorare tutto il resto. Mia figlia mi guardò di nuovo, ma la sua espressione da esasperata era diventata sconvolta.
“Mamma, oh mio Dio! Come facevi a saperlo? Quell’auto ci avrebbe investito in pieno!”.
Dato che dietro di noi non c’erano altre auto, lasciai che il semaforo diventasse verde altre due volte mentre nel frattempo cercavo di ricompormi e porre fine al tremito delle mie mani.
Alla fine, dissi: “Valeria, probabilmente penserai che io sia impazzita ma mentre ci avvicinavamo al semaforo ho ricevuto un messaggio. Il messaggio diceva di non passare nemmeno se scattava il verde”.
“Com’è possibile mamma! Chi credi che abbia mandato quel messaggio?”.
Non dovevo nemmeno soffermarmi a pensare; sapevo esattamente chi era stato. “Tuo nonno. Lui è ancora qui a vegliare su di noi”.
Quella sera, mentre guardavo le mie figlie giocare in mezzo alle foglie e confezionare gli omini con le ghiande insieme a mio marito, alzai lo sguardo verso il cielo e seppi che anche mio padre stava guardando e, ancora una volta, non dovetti dire nulla perché lui sapeva esattamente cosa stavo pensando.

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