Il mio cuore salvato da un Angelo
Nel 1994 all’età di 44 anni, mi svegliai alle 4:30 del mattino con incredibili dolori al petto. Erano così forti che mio marito chiamò un’ambulanza.Arrivarono diversi paramedici, che confermarono che stavo avendo un infarto. I paramedici lo dissero a mio marito, ma insieme decisero di tenermi all’oscuro. Mentre andavamo all’ospedale, dissi ai paramedici che mi sentivo come scivolare via e che le loro voci mi sembravano strane e distanti. In quel momento mi arresi e moriì.
Sentii i paramedici che dicevano concitati che il mio elettrocardiogramma era piatto. Vidi uno di loro, una donna bionda e alta urlare: “Non puoi farmi questo!” mentre mi dava dei colpi sul petto. La vidi che mi colpiva e fui sorpresa di non sentire niente! Mi rianimarono e mi portarono d’urgenza all’ospedale locale.
Nel pronto soccorso non facevo che perdere e riacquistare conoscenza mentre tre medici e diverse infermiere si affaccendavano intorno a me. Mi diedero dei beta-bloccanti e i dottori dissero a mio marito di chiamare gli altri membri della famiglia perché venissero a darmi l’ultimo saluto. Mentre i beta-bloccanti entravano in circolo, sentii un gran freddo, il freddo più intenso che abbia mai provato.Non sapendo ancora della gravità delle mie condizioni, cominciai a parlare con un’infermiera. Aveva un sorriso dolcissimo e mi teneva la mano. Era di altezza media e corporatura robusta. Non portava la normale uniforme delle infermiere, ma io, nel mio stato confusionale, non mi chiesi perché. La donna mi disse che in effetti avevo avuto un infarto, ma che era passato e non ne avrei mai più avuto un altro. Questa notizia mi sollevò alquanto e pian piano mi addormentai. Quando mi svegliai ero nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale e il dottore mi chiese di decidere in quale ospedale volevo andare per l’intervento chirurgico. Disse anche che quel pomeriggio alle 13 avrei dovuto essere sottoposta a un intervento di cauterizzazione e che stavo molto male. Normalmente avrebbero programmato un intervento del genere per il giorno successivo, ma, mi spiegò il dottore, io avrei potuto avere un attacco cardiaco fatale in qualunque momento. Mi disse che a breve un elicottero sarebbe atterrato sul tetto dell’ospedale e mi avrebbe trasportato per un intervento immediato in una città a 80 km di distanza. Dire che questa notizia mi confuse è dir poco, dal momento che l’infermiera mi aveva assicurato che non avrei mai più avuto un attacco cardiaco. All’una entrai nel reparto coronarico e mi fecero la cauterizzazione. Anche se il 40% del mio cuore non funzionava, i dottori furono stupefatti nel vedere che non avevo più alcuna ostruzione e che non c’era più bisogno dell’intervento.
Una settimana dopo fui dimessa. Il dottore disse che con il tempo avrei forse potuto recuperare una parte della funzionalità cardiaca perduta, ma che probabilmente sarebbe rimasto un danno del 15 o 20% del muscolo cardiaco. Diverse settimane dopo tornai in ospedale per un esame sotto sforzo e non vedevo l’ora di parlare con quell’infermiera che era stata così rassicurante. Passai in rassegna tutti i volti e incontrai alcune delle infermiere che mi avevano assistito quella notte. Loro insistettero nel dire che non c’era stata alcuna infermiera nella mia stanza quella notte! Scoprii anche che secondo la politica dell’ospedale un’infermiera non avrebbe mai potuto dirmi quelle cose, dal momento che la mia prognosi in quel momento era infausta. 15 mesi dopo il mio cardiologo mi disse che era stupito del fatto che il mio muscolo cardiaco non mostrasse alcuna traccia di danno. In seguito ho subito un piccolo intervento non collegato a problemi cardiaci e ho dovuto informare i medici che avevo avuto un infarto, cosa che li sorprese molto perché il mio ECG non mostrava niente di anomalo. Mi chiesero persino se ne fossi sicura. Quello di cui sono sicura è che quella gentile infermiera fosse in realtà il mio Angelo custode.Visioni di Angeli-Doreen Virtue