Gli Angeli Custodi – Esseri definiti anche “Il Terzo Uomo”
Il giornalista John Geiger, nel suo libro “The Third Man Factor”, è stato forse il primo a raccogliere testimonianze ed esplorare questo ambito ancora sconosciuto dall’esperienza umana, dimostrando come gli incontri con il ” Terzo uomo” (entità) siano diffusi in paesaggi e contingenze diversi.
Geiger ha notato il fenomeno quando si era occupato delle spedizioni polari. Ampliando la sua prospettiva, ha trovato decine e decine di resoconti di esploratori in autobiografie, diari, lettere, interviste, notando quanto questa esperienza sia frequente.
La giornalista Maria Coffey ha scritto un libro in cui descrive le esperienze inspiegabili capitate a persone che praticano sport estremi. Colpita dalle scoperte di Geiger, la donna ha incontrato tantissimi atleti, razionali e pragmatici, che pure avevano avuto sogni premonitori delle sfide cui andavano incontro, comunicazioni telepatiche con il compagno in pericolo, incontri con presenze che li guidavano. La Coffey ha ipotizzato che l’alto livello di concentrazione e di allerta potrebbe in qualche modo migliorare e potenziare le capacità percettive degli atleti.
Ma che cos’è una presenza? Qual è la natura di questo incontro? Non è il brivido che ci coglie quando qualcuno ci fissa o la paura momentanea causata da un gioco di luci e ombre. Questa esperienza non lascia dubbi: chi si è imbattuto nel ”Terzo uomo” ha parlato di un’improvvisa, vivida e indiscutibile consapevolezza che ci fosse qualcuno con lui, a volte per ore o giorni. Le presenze entrano in contatto, aiutano e sostengono chi le percepisce. Secondo lo psicologo Peter Suedfeld, proprio questo aspetto è il più difficile da spiegare.
Geiger ha raccontato di uno scalatore che aveva perfino offerto uno snack al “Terzo uomo”, prima di realizzare che non c’era nessuno, o di un altro che aveva diviso la cena in due porzioni.
Nel 1983, quando aveva vent’anni, lo scalatore americano James Sevigny si trovava nel parco nazionale di Banff ed era stato travolto da una valanga. Aveva perso conoscenza per un’ora e quando si è svegliato non era quasi in grado di muoversi. Aveva un’emorragia interna, la schiena era rotta, come le braccia, il naso e alcune costole. Non gli restava che aspettare la morte. Stava cedendo allo shock e all’ipotermia quando si è materializzata una presenza. “Non potevo vedere, ma era lì fisicamente”, ha spiegato a Geiger.
La presenza ha costretto Sevigny ad alzarsi e a camminare nella neve ghiacciata, pungolandolo passo dopo passo, per oltre 1 km e mezzo, fino al campo base. “Tutte le decisioni sono state prese dalla presenza, io eseguivo!”
Appena ha raggiunto la tenda, il suo prepotente compagno è scomparso. Pochi minuti dopo degli sciatori di fondo hanno trovatoSevigny, che è stato portato via in elicottero.
Joshua Slocum, il primo uomo a circumnavigare la terra in solitaria, è stato colpito da un’intossicazione alimentare nel mezzo di una furiosa tempesta. Stava così male che non era neppure in grado di mantenere il comando della sua barca. Con sua immensa sorpresa, è comparso un uomo alto e gli ha detto che avrebbe preso il timone finché non si fosse ripreso. Questa presenza ha mantenuto la rotta per 145 km, poi ha passato il comando a Joshua ed è sparito.
Molti altri marinai hanno raccontato di aver ricevuto aiuti insperati in un momento di pericolo, quando le loro forze venivano meno. Lo stesso è successo a dei piloti. Edith Stearn, contemporanea della più famosa Amelia Earhart, durante i suoi traballanti voli tra gli anni 30 e 40, dava per scontato l’intervento di una presenza. “Non ho mai viaggiato da sola” ha raccontato a un giornalista di Life. “C’era sempre qualcuno al mio fianco… io lo consideravo il mio copilota”.
Così racconta che per esempio, quando si trovava a tentare un atterraggio di emergenza sui binari di un treno, la presenza le ha gridato: “No, Edie, non farlo!“. Perché, ha scoperto poi, pochi kilometri più in là c’era una pista d’atterraggio.
Il pilota Brian Shoemaker , disorientato da una tempesta in Antartide a bordo del suo elicottero, si è sentito dire: “Gira 20° a destra!”. Ha ubbidito non sapendo che altro fare, e quella correzione di rotta gli ha salvato la vita.
Sembra che le presenze svaniscono appena il pericolo è finito, anche se la persona non è ancora consapevole. Ensio Tiira, che è sopravvissuto a un naufragio ed era andato alla deriva per 30 giorni su un gommone, ha scritto: “Non sentivo più la presenza di una seconda persona vicino a me . Il mio angelo custode che mi teneva compagnia se ne era andato, e con lui le mie speranze”. Ma proprio il giorno in cui l’Angelo è scomparso,Tiira è stato soccorso.
Intervento deciso e immediata sparizione è successo anche con lo scalatore americano Rob Taylor che nel 1978 si è rotto una caviglia sul Kilimangiaro ed è rimasto solo al campo base, seduto contro un masso, mentre il suo compagno era andato a cercare aiuto. Taylor, che si aspettava di passare una notte in attesa, ha dovuto affrontare una situazione ben più grave: è rimasto senz’acqua e la caviglia si era gravemente infettata. Il terzo giorno si è accorto improvvisamente di un uomo che sedeva appoggiato una roccia vicina. All’inizio ha creduto che fosse uno dei soccorritori, ma quando l’ha chiamato, prima piano poi urlando, non ha ottenuto risposta. Taylor si è perfino arrabbiato lanciandogli dei sassi, senza risultato. Ha pensato poi che fosse un abbaglio. “Ora dopo ora, il mio amico osservatore, come lo chiamavo io, mi guardava attraverso la neve fitta” ha scritto poi. Quando le condizioni di Taylor sono peggiorate, la figura ha cominciato ad avvicinarsi silenziosamente, finché nel giro di pochi giorni è arrivata ai piedi del sacco a pelo. Poi, improvvisamente, questa presenza amichevole e rassicurante che, come ha scritto Taylor, “occupava uno spazio reale, proprio come una roccia”, lo ha abbandonato. Pochi minuti dopo, sono arrivati i soccorsi.
Taylor poi racconta:
“Dopo essere stato salvato, quando ho accennato a lui per la prima volta, le persone rispondevano, com’era prevedibile: “che fantasia! Hai avuto le allucinazioni per la febbre……”. All’inizio insistevo dicendo che era vero, era lì in carne ed ossa, o almeno in qualche forma concreta che potevo vedere, poi ho evitato di parlarne. Era più facile che cercare di spiegarlo a chi non poteva capire. Ma a te dico questo: era la reale come siamo tu ed io”.
Molti soldati raccontano storie di presenze avvertite al loro fianco. Capita a chi è in punto di morte o in pericolo, poco importa che sia tranquillo nel proprio letto o accovacciato in una trincea infestata dai topi, di incontrare queste presenze. Sono Angeli custodi.
Il giornalista William Bird ha scritto un libro (Warm Hands), sulla sua esperienza durante la prima guerra mondiale e in questo passo ha raccontato quello che per lui è stato il momento più straordinario del conflitto. Nell’aprile del 1917 si trovava in Francia dopo la battaglia del crinale di Vimy. È freddo e buio, William dorme a tratti, protetto da un telo impermeabile, nel dedalo di una trincea fangosa. All’improvviso, due mani lo afferrano e lo scuotono per svegliarlo. Spossato e nervoso, tenta di allontanarle, ma quelle lo stringono più forte. Apre gli occhi e vede, stupito e confuso, suo fratello Stephen, che è stato dato per disperso due anni prima. “Stephen mi sorride mentre lascia la stretta. Poi mi appoggia una mano sulla bocca per impedire di urlare di gioia. Indica gli uomini che dormono nella tenda, il mio fucile e le mie cose. “Prendi la tua roba” sussurra.
Bird non capisce ma lo segue lungo la trincea, lontano dai compagni addormentati. Il tempo di chiedergli dove stessero andando, e Stephen gira un angolo e svanisce.Bird lo cerco ovunque, e alla fine è costretto ad ammettere che stava sognando a occhi aperti. A ripensarci, infatti, il fratello indossava un’uniforme e un berretto che si usava nel 1915. Doveva essere un sogno, si rassegna sconsolato. Striscia in un buco e si riaddormenta lì dov’è.
Il giorno dopo lo svegliano i compagni del battaglione, felici che sia ancora vivo. Lo portano a vedere il bivacco dove avrebbe dovuto dormire: è stato colpito da una granata, i corpi dilaniati dai soldati sono irriconoscibili!
Sono tante ed innumerevoli le testimonianze di persone che raccontano storie simili
Tre dei sopravvissuti all’attacco alle Torri Gemelle hanno dichiarato di aver avvertito le” Presenze” che li hanno guidati verso la salvezza. Uno è stato spronato ad attraversare un muro di fuoco, cosa che non avrebbe mai fatto da solo perché era terrorizzato dalle fiamme, e poi condotto verso le scale della torre Nord. Un altro è stato consolato mentre giaceva sotto le macerie; la terza, una donna intrappolata tra i resti dell’edificio, è stata confortata da una presenza che per qualche ragione lei sapeva essere un monaco.
Patricia Pearson – Alle porte del cielo