FORSE ERA DAVVERO UN ANGELO
Quando accadde ero in crociera in un altro paese, lontano dall’incidente. Io e mia cugina eravamo appena sbarcate al secondo scalo e aspettavamo mio padre e mio fratello sulla banchina. Erano dietro di noi, ma non erano potuti scendere. Nella nostra cabina era arrivata una telefonata dall’estero. Papà doveva ritirare il messaggio alla ricezione prima di sbarcare, perciò noi due li attendemmo sul molo. Ci sedemmo e chiacchierammo degli uomini che avremmo visitato quel giorno. Dopo 20 minuti, degli altri due neanche l’ombra. “Credi che qualcosa non vada? Sono via da un bel po’”, osservò mia cugina. “Certo che no. Probabilmente è una questione di lavoro”, risposi senza esitazione. Annui e continuammo a conversare. Passarono altri cinque minuti. Finalmente li vedemmo arrivare. Dalla loro espressione preoccupata e incredula intuii che era capitato qualcosa. Corsi da loro. “Che cosa è successo? Che cosa c’è?”. Mio fratello mi prese in disparte. Papà andò da Jenny e l’abbracciò. In preda al panico, li supplichiamo di dirci cosa fosse accaduto. Mio fratello abbassò la voce. “Si tratta di Terry. L’hanno ucciso”. Mi girai verso Jenny. Stava ancora implorando papà. Lui cercava di ricondurla dolcemente sulla nave, in una stanza privata dove raccontarle il destino di suo fratello. Guardai mio fratello, ma nessuno dei due sapeva cosa dire o fare. Portammo Jenny in un luogo discreto, la facemmo sedere e le demmo la notizia. Terry era un giovane poliziotto di 32 anni, con una moglie un bambino di tre anni e una neonata. All’inizio avevo dato per scontato che fosse morto in servizio, ma poi apprendemmo che era rimasto coinvolto in un incidente d’auto quel mattino presto, in fondo alla via in cui viveva. Jenny cominciò ad urlare.
La strinsi e cercai di calmarla. Che cosa si dice a una persona che ha ricevuto una simile batosta? Così restammo in silenzio, lei piangendo e io abbracciandola, offrendole tutto il calore umano che potevo. Interromperemo la crociera e prendemmo il primo volo quando l’aereo iniziò a scendere, Jenny, che non aveva proferito parola per tutto il viaggio, scoppiò a piangere. La guardai e avrei voluto aiutarla ma non sapevo come. Imparai che a volte le parole non sono necessarie. La strinsi forte e piansi in silenzio con lei. L’arrivo a casa conferì improvvisamente alla tragedia contorni reali. Sentir parlare dell’incidente mentre eravamo lontani lo aveva fatto sembrare un incubo orribile. L’atterraggio ci riportò alla realtà. Non eravamo più in crociera a goderci il sole e a mangiare le corde bensì eravamo tornati a casa per un funerale.
Diversi mesi dopo ero in Inghilterra. Ero ancora sconvolta e mi sorprendevo spesso a pensare a quel giorno. Ricordai la mia ultima conversazione con Terry. Era molto più grande di me, perciò non avevamo mai avuto molte cose in comune. L’unica chiacchierata degna di nota tra noi risaliva a qualche giorno prima dell’incidente. Ero a casa di Jenny. Lei era impegnata a cucinare, e noi parlavamo in salotto. L’oggetto della discussione era l’aldilà. Terry ci credeva. Era convinto che esistesse un posto in cui andare dopo la morte di rivedere le persone care. Ne era sicuro nonostante i miei dubbi. Alcuni giorni ci credevo e altri no. Rabbrividii al pensiero che la mia ultima conversazione con lui avesse riguardato l’aldilà e la sua convinzione che esistesse. Sempre pensando a Terry a quei momenti, mi ritrovai davanti ad una chiesa. Entrai e mi sedetti su una panca. Mentre ero assorta nelle mie riflessioni, si avvicinò un uomo. Era anziano, forse sulla settantina, e si chiamava Stefano. Mi chiese se potesse accomodarsi.
Sorrisi e annuii. Cominciò a raccontarmi storie sulla Chiesa e sugli spiriti da cui si credeva fosse infestata. Quando ebbe finito, mi guardò negli occhi e con espressione seria. “Perdonami ma vedo che sei triste. È morto un tuo familiare?”. Quella domanda un po’ brusca mi colse di sorpresa ma risposi di sì. “Era un uomo ed è morto giovane in un incidente stradale, vero?” Lo studiai chiedendomi come facesse a saperlo. Confusa e irritata, fece di sì con la testa. “Rimpiangi di non avergli parlato più a lungo l’ultima volta che l’hai visto e di non avergli detto che gli volevi bene”. Scoppiai in lacrime, al che lo sconosciuto mi prese dolcemente le mani. “Tuo cugino sa che gli volevi bene e vuole comunicarti che è felice e che sta lavorando con i bambini in paradiso. Li adora ed è molto contento di dove si trova al momento”. Continuai a piangere. Non sono il tipo da sciogliersi facilmente nella. Sono sempre la più forte, quella che sostiene gli altri, ma quel giorno cercare l’appoggio emotivo di un perfetto estraneo, di cui conoscevo soltanto il nome di battesimo. Mesi dopo, Jenny raccontò di un sogno che aveva fatto la moglie di Terry.
Era stato così vivido da darle l’impressione che lui fosse davvero al suo fianco. Le aveva raccomandato di non essere più triste e le aveva assicurato che era felice perché faceva ciò che amava. Lavorava con i bambini in paradiso. Non avevo parlato a nessuno della conversazione che avevo avuto in una tranquilla chiesa con il vecchio Stefano. Avevo tenuto l’episodio per me e questa è la prima volta che lo metto per iscritto. Era come se lo sconosciuto avesse fatto quattro chiacchiere con Terry. Altrimenti come poteva sapere quelle cose? L’inquietante coincidenza del sogno e delle parole rassicuranti Di Stefano sulla nuova vita di mio cugino mi diede un brivido. Da quel giorno sono passati anni ma penso ancora a quell’uomo. Era un angelo forse? Forse era un Angelo!