Come già detto in un precedente commento, mi piace credere all’esistenza degli angeli, perché la sola idea che vi siano, mi aiuta a vivere meglio e sicuramente per le tantissime volte in cui sono stato in pericolo, settecento e più volte, deve essere proprio così.
Adesso voglio dare il mio contributo personale a questa bellissima pagina raccontando l’episodio più significativo e pertinente ad essa.
Premetto che non sono uno scrittore e che ancora adesso non sono riuscito a spiegarmi se si è trattato di sogno o realtà, quindi vi invito a non essere troppo critici nei miei confronti.
Un giorno qualunque della settimana, di qualche anno fa, sono al volante di un auto, in direzione di un piccolo centro sconosciuto della Sicilia e ricordo bene, in quella mattina avevo un forte mal di testa.
Dopo aver percorso una sessantina di kilometri, sono in vista del paesino quando in prossimità di una curva sulla mia destra, piuttosto chiusa, vedo spuntare, all’improvviso, un camion proveniente dal senso opposto di marcia, il cui autista, avendo preso male la curva, invade la mia mezzeria e mi viene addosso.
Me ne accorgo in tempo, reagisco, istintivamente sterzo verso la linea di confine della strada, ma non riesco ad evitare lo scontro che induce il camion a prendere il lato sinistro della macchina facendola girare di novanta gradi e la spinge ad incastrarsi sotto il fianco sinistro dello stesso.
Risultato? Un botto terribile, terribile che mi porta a dire: è fatta, finita, sono morto.

Per non so quanto tempo, credo qualche secondo o frazione di secondo sono rimasto incosciente ed ecco che sento una grande forza cercare di tirami fuori dal corpo, proprio grande questa forza in quanto percepisco che a farlo sono in quattro, per giunta abbastanza robusti, e cercano di tirare fuori il mio spirito dal corpo, dico spirito perché è così che ricordo.
Nello stesso momento vedo attorno a me una miriade di persone, più che altro, volti, volti evanescenti che interi corpi; i quali guardano attentissimi, addirittura contemplano, una grande e potentissima luce che viene dall’alto. I loro sguardi sono tutti rivolti verso l’alto e tutti sono felici di essere in quello stato di contemplazione totale ed assoluta.

Ad un tratto un volto, molto vicino a me, per qualche attimo, si volge verso di me, mi guarda e sorride. Non con un sorriso di quelli che siamo soliti ricevere o dare, piuttosto un cenno di sorriso, simile a quello della Gioconda di Leonardo, appena compiacente.
Riconosco il volto bellissimo di mia nonna morta alcuni anni prima ed alla quale ero molto affezionato, forse più che a mia madre.
“Laura, dammi il piccolo Pino”, avevo solo tre o quattro anni, così mia nonna a mia madre, quando era solita, la mattina presto, nei primi giorni d’estate precedenti la mietitura, portarmi con sé in campagna a trovare il nonno già al lavoro nei campi dalle quattro del mattino.
Grande mia nonna ed aveva sempre milioni di motivi per rendermi contento, felice.
Poco più in là del volto di mia nonna scorgo anche il volto di mio nonno ed anche lui mi guarda, sorride lievemente e quasi subito dopo rivolge il proprio sguardo a quella luce dalla quale erano entrambi, fortemente attratti.
Tra quei volti anche quello di un amico, morto settimane prima, in un incendio dovuto ad un incidente d’auto ed altri volti noti di persone che, sapevo ormai non più vive, misti ad altri volti non noti ma che tutti, contemporaneamente, guardavano intensamente verso quella luce così potente che li dominava dall’alto; non so dire quanti erano, so soltanto che erano tanti, anzi tantissimi e tutti in cerchi concentrici, posti gli uni sopra gli altri.
Dopo questo, anch’io attratto fortemente da quella luce intensissima e potentissima, comincio a muovere il viso e lo sguardo nella sua direzione.

Nello stesso istante in cui inizio ad intravvedere il minimo, una piccola porzione di quella stupendissima luce, sento una voce forte ed imperiosa che rivolta ai quattro (angeli, arcangeli) dice:
“Non adesso, ancora non è giunta l’ora, rimettetelo dentro”
I quattro soggetti (angeli od arcangeli), quasi stentando a credere a quello che è stato loro appena comandato; sembrano essere restii e come se non avessero sentito continuano a tirami fuori, con molta fatica, dal corpo.

La voce allora si fa ancora più forte e reboante, come il multiplo di mille tuoni ed in maniera ancora più impetuosa ripete: “Ho detto di rimetterlo dentro, ancora non è il momento”.
Quindi i quattro, con la stessa identica forza ultraterrena, si decidono a rimettere, quello che penso sia il mio spirito dentro il mio corpo e sento che fanno fatica, di nuovo molta fatica, ma alla fine riescono a concludere quanto era stato loro ordinato.
Nello stesso momento riprendo coscienza e mi accorgo di essere del tutto illeso ma, legato alla cintura di sicurezza dell’auto, faccio fatica a muovermi e vedo che il muso della macchina è completamente conficcato sotto il camion e solo per qualche centimetro il mio viso non è andato a conficcarsi contro un longherone d’acciaio staccatosi per l’urto.
L’istante dopo vedo avanzare verso di me il conducente del camion che preoccupatissimo, mi dice: Come sta? Sta bene? Ha bisogno d’aiuto? Vuole che chiami l’ambulanza?
No, rispondo, sto bene, non si preoccupi, la prego solo di aiutarmi ad uscire perché credo che le portiere dell’auto siano incastrate.
Si fermano altre auto ed altre persone, assieme al camionista, mi tirano fuori dall’ormai scassatissima macchina.

Finalmente fuori, mi rendo conto di essere sano ed intero, successivamente, dopo aver bevuto un sorso d’acqua, la solita prassi dell’assicurazione, ma nel frattempo, il mal di testa ricompare in tutta la sua violenza facendomi tumultuare le tempie impietosamente; ecco cosa ricordo bene il senso di assoluta leggerezza, pace, serenità, felicità piena, accompagnata all’assoluta mancanza di qualsiasi dolore, sofferenza o preoccupazione d’ogni tipo e genere.

In pratica una sorta di totale gioia, di abbandono estremo dalle cose terrene senza alcun rimpianto o pensiero, anzi tutt’altro.
Lo stato in cui mi ero trovato era appena paragonabile alla gioia estrema moltiplicata all’ennesima, infinita potenza, di quello che si prova quando si raggiunge l’orgasmo; un senso di pienezza totale, di soddisfazione inimmaginabile e di totale, assoluta, bellissima ed incontrovertibile, meravigliosa felicità.
Per almeno cento giorni ed altri ancora, quando ci penso, è già trascorso qualche anno, non solo rabbrividisco, ma riesco ad auto confortarmi in una maniera della quale prima non ero mai stato capace e sono sempre molto, molto felice anche quando le cose non vanno come dovrebbero.
Lascio a voi l’opinione su quanto accadutomi, se trattasi di sogno, realtà o miracolo, fatto sta che da allora in poi vivo molto meglio e mi duole ammettere che sono un appassionato amante della matematica, della fisica, della chimica e delle scienze in genere, le quali, mi trascinano in tutt’altra direzione da simili fenomeni che solgo definire paranormali.

Pespiegu Cerruta