La morte e la vita
La morte e la vita secondo gli studi sulle nde, Voglio riassumere in breve quello che ogni essere umano sperimenterà al momento della morte.
Premessa: Nel campo della ricerca sulla morte, la dottoressa Elizabeth Kùbler Rosssi si è meritatamente conquistata grande fama. Le innumerevoli ore trascorse accanto ai pazienti allo stadio terminale le consentirono di fare scoperte in seguito confermate da altri ricercatori, ormai patrimonio acquisito di questo campo di studio. Elizabeth Kùbler Ross non esitò a mettere a repentaglio il suo buon nome di scienziata affermando ciò che le esperienze dei morenti gli avevano insegnato: la morte in realtà non esiste, è un passaggio a un altro stadio di coscienza, in cui si continua a crescere psichicamente e spiritualmente. Elizabeth Kùbler Ross psichiatra, ha svolto un lavoro pionieristico nel campo dell’assistenza ai malati terminali e della ricerca sulla morte e il morire. Per questi suoi lavori scientifici le sono state conferite da varie università lauree honoris causa. Grazie al suo impegno e alla sua instancabile attività, l’assistenza ai morenti e la ricerca sulla morte sono divenuti di grande attualità.
La morte e la vita:
Il momento della morte: È un’esperienza che tutti devono vivere, indipendentemente dal fatto che siano Australiani, indù e musulmani, cristiani o non credenti.
La morte è un processo umano, come la nascita. L’esperienza della morte è quasi identica a quella della nascita. È come nascere a un’esistenza diversa che può essere dimostrata molto semplicemente. Da migliaia d’anni ci hanno indotto a credere in ciò che riguarda l’aldilà. Per me non è più questione di credere, ma di sapere. Al momento della morte vi sono tre stadi.
La morte di un essere umano è identica a ciò che accade quando la farfalla esce dal bozzolo. Il bozzolo può essere paragonato al corpo umano. Quest’ultimo non è il vostro vero io, è solo una dimora in cui vivere per un po’ di tempo. Morire è solo trasferirsi da una dimora in un’altra più bella. Non appena il bozzolo è in condizioni disperate (a causa di suicidio, di assassinio, di attacco cardiaco, oppure di una malattia cronica, non importa quale è la causa) esso lascia libera la farfalla, l’anima, per così dire.
In questo secondo stadio, dopo che la farfalla simbolica ha lasciato il suo corpo materiale, si sperimentano cose importanti che si dovrebbero conoscere per non aver più paura della morte.
A questo secondo stadio si dispone di energia psichica, mentre al primo stadio si dispone di energia fisica. Allora si aveva ancora bisogno di un cervello funzionante, di una coscienza vigile, per comunicare con i propri simili. Appena questo cervello o questo bozzolo è troppo danneggiato, non si ha più coscienza. Nel momento in cui questa viene a mancare e, per così dire, il bozzolo è in condizioni tali che manca la facoltà di respirare ed è impossibile misurare le pulsazioni o le onde cerebrali, la farfalla ha già lasciato il bozzolo. Ciò non significa necessariamente che si è già morti, ma piuttosto che il bozzolo non funziona più.
Lasciando il bozzolo si raggiunge il secondo stadio, che è caratterizzato dall’energia psichica. Le energie fisica e psichica sono le sole che l’uomo può gestire. Il dono più grande che Dio ha fatto l’uomo è il libero arbitrio. E fra tutti gli esseri viventi l’uomo è l’unico dotato di libero arbitrio, col quale può decidere di usare quelle energie in modo positivo o negativo.
Appena l’anima lascia il corpo, ci si rende conto immediatamente che si può percepire tutto quello che accade nel luogo della morte, sia in ospedale, sia nel luogo dell’incidente o dovunque si sia abbandonato il corpo. Non si registrano gli avvenimenti con la consapevolezza terrena, ma con una nuova consapevolezza. Si registra tutto, ma solo durante il periodo in cui non c’è più pressione sanguigna, in cui mancano le pulsazioni e il respiro e in alcuni casi anche le onde cerebrali. Ci si rende conto di ciò che ognuno dice, di ciò che pensa e di come agisce.
E in seguito, una volta rianimati, si sarà in grado di riferire nei più minuti dettagli che, ad esempio, il nostro corpo fu estratto dall’auto con la fiamma ossidrica. È perfino accaduto che qualcuno risvegliato dopo una nde sia stato in grado di ricordare la targa dell’auto che l’aveva investito e il cui pilota aveva deciso di andarsene.
Scientificamente è impossibile spiegare come qualcuno privo di onde cerebrali sia in grado di leggere una targa. Occorre molta umiltà agli scienziati. Si deve umilmente accettare il fatto che vi sono milioni di cose che ancora non siamo in grado di capire. Ciò non significa che quello che non siamo in grado di capire non esiste o non è reale. Molte persone hanno esperienze extra corporee durante un intervento chirurgico, infatti osservano il chirurgo al lavoro. Questo fatto deve essere tenuto presente da tutto il personale medico e infermieristico, e mentre il paziente è fuori coscienza, dovrebbero parlare solo di cose che anche il paziente può udire. Tutti dobbiamo sapere, quando ci accostiamo al letto di nostro padre o di nostra madre già in coma profondo, che quest’uomo o questa donna possono udire tutto quello che diciamo. In questi momenti non è troppo tardi per dire: “Perdono” oppure “Ti voglio bene” o qualsiasi altra cosa si voglia dire.
Ci si può liberare dal peso dei nostri debiti per poter ricominciare a vivere. A questo secondo stadio, il morto, se così si può dire, si accorgerà di essere di nuovo integro. Gente che prima era cieca sarà in grado di vedere. Gente non più in grado di udire o di parlare potrà farlo di nuovo. I miei pazienti sofferenti di sclerosi multipla e capace di muoversi solo sulla sedia a rotelle, incapaci di pronunciare una frase completa, dopo essere ritornati da un’esperienza di premorte mi dicono con gioia “Dottoressa Ross, ero di nuovo in grado di ballare”. Perciò questa esperienza extracorporea è un fatto piacevole e Benedetto. Le ragazze che hanno perso i capelli a causa di una cura contro il cancro mi dicono per prima cosa dopo tale esperienza: “Avevo di nuovo i miei riccioli”. Le donne a cui era stata amputata una mammella l’avevano di nuovo…. Molto semplicemente, ci si ritrova integri, perfetti.
Per tacitare gli scettici che mettevano in dubbio la veridicità di tali esperienze, iniziammo un programma scientifico con persone cieche. La nostra intenzione era di coinvolgere soltanto non vedenti che non percepivano la luce da 10 anni almeno. Ebbene, i ciechi che ebbero un’esperienza extracorporea e ritornarono poi nel corpo, possono dire in dettaglio quali colori e gioielli portavate se eravate presenti, e anche descrivere il disegno del vostro maglione e della vostra cravatta. È chiaro che queste affermazioni si riferiscono a fatti che non si possono inventare.
In questo secondo stadio si noterà pure che nessuno muore solo. Quando si lascia il corpo fisico, ci si trova in un’esistenza senza tempo. Questo significa semplicemente che il tempo non esiste più. Allo stesso modo non si può più parlare di spazio e di distanze nel senso corrente della parola, perché questi sono fenomeni terreni. Se per esempio un giovane americano muore in Asia e pensa a sua madre che è a Washington, coprirà le migliaia di miglia con la forza del pensiero e in mezzo secondo sarà con lei. In questo secondo stadio le distanze non esistono. Questo fenomeno fu sperimentato da molte persone che si videro comparire davanti qualcuno che si trovava lontanissimo.
E il giorno dopo ricevettero una telefonata o un telegramma che li informava della morte della persona che avevano visto e che viveva a centinaia o migliaia di miglia. Queste persone sono molto percettive, poiché normalmente questo genere di visitatori non viene notato. A questo stadio ci si rende conto che non soltanto nessuno muore da solo ma che il morto può far visita a chiunque voglia e che ad aspettarlo vi sono persone che sono morte prima di lui e che lo amavano molto. E siccome il tempo non esiste, qualcuno che ha perso un bambino quando aveva vent’anni potrebbe rivedere suo figlio bambino anche se morisse a 99 anni d’età. Infatti, per coloro che stanno dall’altra parte, un minuto potrebbe equivalere ad esempio a cent’anni dal nostro tempo terreno. Quello che la Chiesa insegna ai bambini con riferimento agli Angeli custodi, si basa su fatti reali, perché abbiamo la prova che ogni essere umano, dalla nascita alla morte, è guidato da un’entità spirituale. Tutti hanno tale spirito guida, che ci si creda oppure no, che si sia ebrei, cattolici o appartenenti ad altro culto.
L’amore è incondizionato, ed è per questo che ognuno riceve il dono di un Angelo. Sono quelli che i miei bambini chiamano “compagni di gioco”. Essi parlano con loro e sono pienamente consapevoli della loro presenza. Ma più o meno all’epoca in cui essi cominciano ad andare a scuola i genitori dicono loro: “ora sei grande e devi andare a scuola, perciò non puoi più fare giochi troppo infantili”. Così ci si dimentica di avere degli spiriti compagni di giochi finché non si è sul letto di morte. Ed ecco allora che una vecchia signora mi confida nel letto di morte: “Eccolo di nuovo!”.
Poiché non so di cosa stia parlando, le chiedo se può far sapere anche a me quello che ha visto. E allora lei mi dice: “Deve sapere che quando ero bambina mi stava sempre accanto. Avevo del tutto dimenticato la sua esistenza”. Il giorno seguente ella muore, felice di sapere che qualcuno che l’ama teneramente la sta aspettando. In genere chi ci aspetta nell’aldilà è qualcuno che ci ha amato più degli altri. Sono queste le prime persone che si incontrano.
Nel caso di bambini molto piccoli, i cui genitori e gli altri membri della famiglia sono ancora sulla terra, sono gli angeli custodi che li accolgono, o perfino Gesù o altre figure religiose. Non mi è mai capitato di sentire che un bimbo protestante abbia visto Maria negli ultimi istanti, mentre è accaduto di frequente che l’abbiano vista bambini cattolici. Non si tratta di discriminazione, ma del fatto che si è ricevuti da coloro che hanno significato di più per noi. Al secondo stadio, dopo essersi resi conto che si è integri di nuovo nel corpo e dopo aver incontrato i propri cari, si capirà che è solo un passaggio ad una forma diversa di vita. Ma prima di uscire dal corpo fisico per assumere le forme che si conserveranno per l’eternità, si passa attraverso una fase che ha tutte le caratteristiche del mondo fisico. Potrebbe trattarsi di volare attraverso un tunnel, o di oltrepassare un cancello o attraversare un ponte. Dopo questo passaggio si è avvolti dalla luce. Questa luce è più calda del bianco.
È estremamente luminosa. Man mano che ci si avvicina a questa luce, si è circondati dall’amore più grande, più indescrivibile e più incondizionato che si possa immaginare. Non ci sono parole adatte a descriverlo. Se si ha soltanto un’esperienza di premorte, si può vedere questa luce solo per un attimo. Dopo di che si deve ritornare. Ma quando si muore davvero, il legame fra il bozzolo e la farfalla, che si potrebbe paragonare al cordone ombelicale, sarà spezzato. Dopo di che, non vi sarà più la possibilità di ritornare nel corpo terreno. Ma non si vorrebbe ritornare in nessun caso, poiché dopo che si è vista la luce nessuno vuole tornare indietro. In questa luce si capisce per la prima volta come avrebbe potuto essere l’uomo. Qui c’è comprensione ,non giudizio, qui si trova un amore incondizionato che supera ogni descrizione. E alla presenza di quest’amore, che molti paragonano a Cristo o Dio, con l’amore e con la luce si arriva a capire che la vita sulla terra non è stato altro che una scuola che si è dovuta frequentare per superare certe prove e per imparare alcune lezioni speciali.
Appena finito di imparare le lezioni si ha il permesso di tornare a casa. In questa luce, si deve riconsiderare l’intera propria vita dal primo all’ultimo giorno.
Il terzo stadio consiste appunto nel rivedere la propria vita. A questo livello non si possiede più la coscienza del primo stadio o la consapevolezza del secondo. Ora si ha la conoscenza. Ora si conosce nei più minuti dettagli ogni pensiero che si è avuto durante tutta la vita terrena, si è consapevoli di ogni gesto, di ogni parola che si è pronunciata. Ma questa ricapitolazione e solo una piccolissima parte della conoscenza generale. Poiché nel momento stesso che si riconsidera la propria vita, si conoscono anche tutte le conseguenze dei propri pensieri, delle proprie azioni e delle proprie parole.
Dio è amore incondizionato. Durante il riesame della nostra vita terrena sapremo che non è Dio da biasimare per il nostro destino, ma saremo ben consci che proprio noi siamo stati i peggiori nemici di noi stessi, e ci accuseremo di aver trascurato tante opportunità di crescere. Capiremo che tanto tempo fa, quando la nostra casa bruciò o quando morì il nostro bambino, quando nostro marito si ferì, o noi stessi avemmo un attacco di cuore, tutti quei durissimi colpi del destino, altro non erano se non possibilità di crescere, di crescere in comprensione, di crescere in amore, di crescere in tutte quelle cose che dovevamo imparare. E invece di usare saggiamente questa opportunità, diremmo con rammarico:” Dopo ogni colpo sono diventato sempre più amaro, crescendo solo la mia rabbia e la mia negatività….”
Siamo creati per una vita bella, semplice, meravigliosa.
E devo sottolineare che non ci sono bimbi maltrattati o abbandonati solo in America, ma dappertutto. Il mio più grande desiderio è che si cominci a considerare la vita in modo diverso. Se si accetta il fatto che la vita è qualcosa per cui si è stati creati, allora non ci si chiederà più quali vite debbano essere prolungate e quali no. Allora nessuno si chiederebbe più se il caso di dare un’overdose per accorciare una vita. La morte non deve necessariamente comportare sofferenze.
La scienza medica ha fatto tali progressi oggi che è possibile evitare ai pazienti di soffrire. Se si può evitare che i morenti soffrono, se si assistono con amore e si ha il coraggio di tenerli a casa, sempre che sia possibile, allora nessuno di loro chiederà un’overdose.
Quando le tempeste si abbatteranno sulla nostra vita ricordiamo che esse sono un dono non visibile immediatamente, ma lo diventeranno dieci o vent’anni dopo. Infatti ci consentono di imparare cose che altrimenti non avremmo mai imparato.
Volendoci esprimere per simboli, se fossimo una pietra e venissimo gettati dentro una tagliatrice, dipenderebbe da noi esserne del tutto schiacciati o uscirne come un diamante scintillante.
Per concludere, voglio assicurarvi che è un privilegio trovarsi al capezzale di un morente, e che la morte in quanto tale non deve essere una cosa triste e orribile. Al contrario, si possono sperimentare cose meravigliose. E se trasmetteremo ai nostri figli, ai nostri nipoti e ai nostri conoscenti ciò che abbiamo imparato dai morenti, allora il mondo diventerà un paradiso. Credo che sia veramente tempo di cominciare a farlo.
*Elizabeth Kùbler Ross -La Morte E La Vita Dopo La Morte
*Nota*: Nel campo della ricerca sulla morte, la dottoressa Elizabeth Kùbler Rosssi si è meritatamente conquistata grande fama. Le innumerevoli ore trascorse accanto ai pazienti allo stadio terminale le consentirono di fare scoperte in seguito confermate da altri ricercatori, ormai patrimonio acquisito di questo campo di studio. Elizabeth Kùbler Ross non esitò a mettere a repentaglio il suo buon nome di scienziata affermando ciò che le esperienze dei morenti gli avevano insegnato: la morte in realtà non esiste, è un passaggio a un altro stadio di coscienza, in cui si continua a crescere psichicamente e spiritualmente. Elizabeth Kùbler Ross psichiatra, ha svolto un lavoro pionieristico nel campo dell’assistenza ai malati terminali e della ricerca sulla morte e il morire. Per questi suoi lavori scientifici le sono state conferite da varie università lauree honoris causa. Grazie al suo impegno e alla sua instancabile attività, l’assistenza ai morenti e la ricerca sulla morte sono divenuti di grande attualità.