Angelo che tocca il cuore di mio figlio
Mio figlio era nato prematuro di 12 settimane. Data la fragilità del cuore, appena nato non potei abbracciarlo e nemmeno toccarlo. Venne subito portato via e chiuso nell’incubatrice per essere continuamente monitorato da un team di specialisti. I medici erano tutti incredibilmente premurosi, ma nessuno può prepararti alla devastazione che provi quando ti viene detto di aspettarti il peggio. Anche mio marito era a pezzi, ma mi risparmiò lo spaventoso, straziante compito di informare le nostre famiglie, affinché si preparassero a un funerale anziché a un festeggiamento. Lo pregai di chiedere a tutti di pregare per noi e per il nostro piccolino. Così facendo avrebbero potuto concentrarsi su qualcosa di diverso dal dolore per l’imminente perdita.
Io pregai con tutto il cuore che gli angeli prendessero me anziché mio figlio. Il solo ricordo di quel terribile momento mi fa venire ancora le lacrime agli occhi. Se non lo vivi in prima persona, è difficile spiegare quanto ci si senta vulnerabili, arrabbiati, colpevoli, devastati e spaventati. Ogni volta che il medico entrava nella mia stanza mi preparavo al peggio. Le prime 48 ore passarono in maniera confusa. Il tempo sembrava essersi fermato. Non toccai cibo e continuai a pregare per mio figlio e per trovare la forza di andare avanti. Il terzo giorno le sue condizioni non erano cambiate. Mia sorella mi esortava a prendermi una tregua, a respirare un po’ d’aria fresca, e a mettere qualcosa nello stomaco, ma io non volevo allontanarmi nemmeno per un secondo da mio figlio. Non sapevo quanto a lungo potevo stargli accanto e non volevo sprecare nemmeno un minuto per dormire o mangiare. A mezzogiorno circa del terzo giorno mi trovai da sola accanto al incubatrice di mio figlio. Ricordo di aver pensato che non gli avevo ancora dato un nome e promesso agli angeli che l’avrei chiamato Michael, come mio padre deceduto quello stesso anno. Seduta accanto alla sua incubatrice nel reparto di terapia intensiva neonatale pregai di nuovo con tutta l’energia che avevo in corpo: supplicai gli angeli di salvare la vita a Michael. Improvvisamente sentii una stretta gentile ma ferma sulla spalla sinistra. Mi guardai attorno e non vidi nessuno. Tuttavia il cuore batteva furiosamente, talmente forte da convincermi che chiunque potesse sentirlo. Poi il battito ridusse d’intensità e di velocità, il cuore si riempì di calore per forza! Mi sentivo in pace. Guardai Michael. Aveva un sorrisetto sul minuscolo viso e vedendolo seppi che, anche se fosse morto, gli angeli si sarebbero presi cura di lui. Di nuovo sentii una forte stretta sulla spalla sinistra. In quel momento capii che le mie preghiere venivano ascoltate e che sia io che mio figlio eravamo circondati dall’amore. Afferrai un cuscino e me lo sistemai dietro la testa, sulla sedia. Chiusi gli occhi e scivolai in un sonno profondo. Mi svegliai di soprassalto. L’apparecchiatura a cui era collegato mio figlio produceva dei rumori: Michele non stava respirando. L’equipe medica si radunò attorno al incubatrice, ma io rimasi seduta tranquilla al mio posto. Sapevo che Michael non sarebbe andato da nessuna parte. Era lì per restare. Due settimane dopo mio figlio si ristabilì completamente. I medici non erano in grado di spiegare come o perché, ma io sì, lo sapevo perfettamente. Gli angeli avevano toccato il mio cuore e quello di mio figlio per dare forza a me e guarire lui. Ora mio figlio ha 15 anni e, anche se a volte è piu un diavoletto che un Angelo, so che il suo posto è sempre stato qui.
(Un Angelo ha sussurrato il mio nome,Theresa Cheung)