RIFLESSO DI UN ANGELO ?
Quando ero piccola, mi insegnarono che tutti hanno un Angelo custode fin da quando nascono. Credevo persino che se mi fossi girata abbastanza rapidamente, avrei intravisto il mio. Naturalmente, non accadde mai.
Conservai la fede nel corso degli anni, ma alla fine smisi di credere nell’esistenza di un essere alato invisibile che mi proteggeva ed esauriva ogni mio desiderio. Crebbi, mi sposai ed ebbi un figlio. Anche se per molti aspetti ero fortunata, la vita era una lotta continua sul piano economico, e toccai il fondo tre anni fa. Mio marito perse il posto di lavoro che aveva da trentacinque anni. Avevamo comprato casa solo un anno prima e, benché il mutuo fosse modesto, esaurì ben presto la piccola liquidazione che aveva ricevuto per tutti quegli anni di duro lavoro. La disoccupazione imperversava nella nostra zona rurale. Superammo il limite di spesa della carta di credito nel giro di qualche mese semplicemente cercando di sopravvivere. Le prospettive fosche ci costrinsero guardare in faccia la realtà; avremmo dovuto mettere in vendita la casa e affittare un appartamentino. Non avevamo alcun capitale, perciò dopo la vendita non sarebbe rimasto niente per pagare gli altri debiti. Dichiarare bancarotta pareva inevitabile, così iniziamo prepararci. “La casa deve essere vendibile”, osservò mestamente mio marito. “Puliremo il cammino, svuoteremo la fossa biologica e ritingeremo i muri. Dovremmo anche presentare la dichiarazione dei redditi con l’indicazione di questo debito insieme agli altri”. Si strofinò gli occhi stanchi e arrossati. Io annuii in silenzio e andai a prendere le scartoffie. Avevamo compilato le dichiarazioni dei redditi mesi prima, ma non le avevamo mai presentate. Sapevamo di dover pagare migliaia di dollari a causa della liquidazione forfettaria. Ora si sarebbero aggiunti anche gli interessi e le more per il ritardo. Gli porsi la pila dei moduli con tutte le altre fatture e chiamai lo spazzacamino pregandolo di venire l’indomani. “Non dimenticare che abbiamo ancora il suo cappotto, quello che ha lasciato qui l’anno scorso”, mi rammentò mio marito, così recuperai anche quello, gettandolo sullo schienale della sedia. Quando atterrò, dalla tasca accadde un foglio accartocciato. Lo raccolsi e vidi che era una vecchia banconota da venti dollari. ” Wow. Quella sì che è vecchissima!” Commentò mio marito. “Sono sempre soldi”, ribattei in tono amaro, con le mani che mi tremavano per la tentazione di tenerli. Era una somma irrisoria, ma per me rappresentava una vera fortuna.
Guardai mio marito e lessi lo stesso pensiero nei suoi occhi tristi. Certo, il proprietario non avrebbe mai ricordato che il denaro era lì dentro e, anche se gli fosse tornato in mente, che prove aveva?
Restammo a lungo in silenzio. Sempre unanimi, arrivammo alla stessa conclusione. Rimisi la banconota nella tasca del cappotto. Riprendemmo la discussione precedente, lanciando di tanto in tanto un’occhiata avida a quel cappotto, mai soldi rimasero dov’erano. L’indomani mio marito andò dal commercialista per una verifica dei moduli. Io aspettai lo spazzacamino. Il suo compenso era posato sul tavolo, in monete e banconote dal taglio così piccolo da farmi vergognare. Arrivò, fece il suo lavoro, prese i soldi e mi ringraziò per avergli conservato il cappotto per tutto quel tempo. “Mi dispiace. Mi sono riproposto più volte di venire a prenderlo, ma non ce l’ho fatta”. Lo salutai con un sorriso forzato. Dopo che se ne fu andato, mi preparare un caffè. Sarebbe stato leggero perché dovetti raschiare il fondo del barattolo per racimolare gli ultimi chicchi. Allungare la mano verso il latte che avevo usato con estrema parsimonia, sperando che durasse finché avessimo ricevuto un piccolo assegno che stavamo aspettando. Ero stata troppo tirchia: il latte cadde nel caffè con un tonfo, formando dei grumi acidi.
Fu l’ultima goccia. Furibonda, scaraventai la tazza dalla cucina alla sala da pranzo, lo dove andò in frantumi contro uno specchio. Rivoli di caffè iniziarono a scorrere lungo la parete, raccogliendosi sul pavimento con i frammenti di vetro.
“Perché?” urlai a Dio, convinta che mi avesse abbandonato. “Siamo brave persone. Siamo onesti, lavoriamo sodo, ed è così che veniamo ricompensati? So che sei occupato. So che non siamo importanti, ma puoi mandare ad aiutarci almeno uno di quegli Angeli in cui vuoi che creda? Non pretendo una fortuna! Voglio solo conservare il poco che ho!”. Le lacrime mi rigarono il viso.Trassi un respiro tremolante, cercando di calmarmi. Armata di straccio e paletta, mi chinai per raccogliere i vetri rotti. In quel momento sentii un tocco delicato e confortante sulla spalla. Sbigottita, mi voltai e, in un quadratino di specchio, vide un riflesso: uno splendido volto femminile circondato da una luce brillante. La donna aveva gli occhi più azzurri che avessi mai visto, e mi fece un sorriso rassicurante, come se volesse dire: “Si sistemerà tutto”. L’immagine scomparve, sostituita da schegge di vetro punteggiate di macchie marroni. Mi accovacciai, pervasa da un caldo senso di pace.
Frastornata, ero ancora nella stessa posizione quando squillò il telefono. Mi alzai goffamente e sollevai il ricevitore.
“Pronto?” mormorai.
“Tesoro, sei seduta? Devi sederti!”. Era mio marito, che sembrava euforico.
“Che cosa c’è che non va?”.
“Niente”. Rise. “È tutto a posto! Ho fatto un errore nel calcolo delle imposte, ci restituiscono i soldi. Molti soldi!”.
Mi spiegò la situazione. Le sue chiacchiere non avevano senso. Volevo solo sapere a quanto ammontasse il rimborso. Quando me lo disse, trasalii. Era più che sufficiente per saldare i debiti e comprare cibo e legna per l’inverno. Ero incredula.
Avevo appena riagganciato quando il telefono squillò di nuovo. Era lo spazzacamino. Rispose al mio allegro “pronto” in tono altrettanto vivace.
“Ho chiamato per ringraziarvi della vostra onestà”, iniziò. “Nella tasca del cappotto ho trovato una cosa che pensavo di aver perso per sempre, una banconota da venti dollari che mia madre mi ha regalato quarant’anni fa per la cresima. Non l’ho mai spesa perché è stata l’ultima cosa che mi ha dato prima di morire una settimana dopo”.
“Sono contenta che l’abbia recuperata”. Ripensai con una punta di rimorso agli orribili momenti in cui avevo avuto la tentazione di rubarla.
“Che gli Angeli veglino sempre su di voi, signora”, mormorò.
Sorrisi con gli occhi pieni di lacrime.
“Lo stanno già facendo”, sussurrai mentre riappendevo.
Jack Cantfield, Mark Victor Hansen e Amy Newmark: Angeli tra noi – Storie vere di fede, miracoli e preghiere esaudite