Vita nel aldilà testimonianze: Sono stato nell’Aldilà
“Ho rivisto mio figlio” . L’attore Daniel Gelin racconta :

Fui svegliato da dolori insopportabili intorno al cuore. Davanti a me vedevo una sagoma, vestita di bianco; ora so che era il medico.Poi mi scese davanti agli occhi qualcosa come un velo nero. Ero morto, senza rendermene conto subito. Avevo la sensazione di un grande sollievo, anche se avevo ancora dei dolori, e mi sentivo liberato da quell’oppressione che mi aveva stretto al petto per ore. Bastava, forse, che mi alzassi, per continuare la mia vita normale? Mentre mi guardavo intorno, qualcosa di strano mi stava succedendo. Da un momento all’altro, mi libravo nella stanza, muovendomi verso l’apparecchio che registrava le pulsazioni del mio cuore. Mi spaventai perché vidi che la freccia era ferma, che il mio cuore non funzionava più. Aprii la bocca per fare una domanda, ma non ero più in grado di parlare. Mentre ero librato in aria, vedevo il medico chinarsi sopra il mio corpo che giaceva sul letto. Il medico mi faceva un’iniezione endovenosa e poi aspettò con evidente ansia il risultato. Ma quando non avvenne nulla, si scostò con un sospiro. L’assistente, che stava al suo fianco, mi coprì la testa con il lenzuolo. In quel momento cominciai a pregare, spaventato: “Salvatemi! Non fatemi morire!” Ma non era possibile farmi sentire perché nessuno udiva quello che gridavo con tutta forza. Dopo aver capito che era inutile continuare, provai a farmi aiutare in un altro modo, rivolgendo i miei pensieri su quelli che amavo. Con la massima concentrazione dirigevo i pensieri verso i miei figli. Ma anche questo tentativo fallì, perché i loro volti che cercavo di immaginarmi, erano come nascosti dietro una nebbia. Mormoravo il nome dei miei figli, come una litania: Zazie, Manuel, Fiona,… Sempre nella stessa sequenza. Ma non accadde nulla, nessuno venne in mio aiuto. I miei figli che erano stati la mia felicità nella vita terrena, rimanevano lontani da me. Da quando avevo lasciato il mio corpo, fu questo il momento più grande della disperazione e solitudine. Mentre ero stato in vita, la morte non mi aveva spaventato. Ma il vuoto, che sentivo adesso, era veramente orribile. Nella mia nuova esistenza post mortale ero diventato leggero, impalpabile. Certe cose intorno a me non le avevo mai notate. Appena mi spostavo un poco, una specie di polvere finissima e luminosa cominciava a muoversi. Le particelle mi sembravano polvere di stelle. Il cielo sopra di me era di una chiarezza irreale, e d’un azzurro trasparente. A poco a poco la mia disperazione di prima si era trasformata in una certa serenità. Sono bretone e credo nel senso cristiano. Le ombre, che improvvisamente vidi intorno a me, sembravano quelle dei miei genitori, e infatti, riconobbi mio padre e mia madre. Mi sentivo pieno di una gioia immensa. La morte me li aveva strappati, in breve tempo, uno dopo l’altro. Furono seppelliti dove erano vissuti, che era anche la città della mia giovinezza. Per me era un miracolo inimmaginabile di trovarli qui, sotto il grande sole di un aldilà sereno. Davanti ai miei occhi, le sagome di mio padre e di mia madre andavano assumendo sempre più delle forme ben distinte, finché potei distinguere il loro volti chiaramente. Sembrava però, che una gioia ancor più grande mi stesse aspettando. Mia madre mi prese per mano, come faceva quando ero ancora bambino. Mi accompagnò in un luogo che non avrei certamente trovato senza la sua guida premurosa. Ci recammo in un mondo tutto rosa, in una specie di giardino fatato, pieno di fiori meravigliosi. Quasi ovunque si scorgevano bambini che ridevano e giocavano. Ad un tratto, sentì mia madre che diceva sottovoce:” C’è Pascal! Guarda com’è contento!” Adesso lo vedevo anch’io, Pascal, mio figlio, che era morto ad appena 14 mesi per un tragico incidente. Il suo faccino era tondo e roseo, i capelli biondi e le manine piccole carnose. A suo tempo, la morte del piccolo mi aveva fatto quasi morire dal dolore. Adesso l’avevo ritrovato qui, un bambino sorridente, nella cornice magica di questo giardino, in un altro mondo.

Egli si precipitò verso di me, con piccoli passi ancora poco sicuri. Piangevo dalla gioia, e una grande felicità mi compenetrò. Nonostante ciò, non potevo fare a meno di ricordare quel terribile giorno quando, nel corridoio dell’ospedale, una suora mi aveva detto che non c’era stata alcuna possibilità di salvarlo. La dose di sonniferi, che il bambino aveva ingoiato in un momento in cui era rimasto incustodito, era stato mortale. La suora nel desiderio di consolarmi, aveva aggiunto che adesso c’era un altro angioletto in cielo! Per me quelle parole erano state come uno choc, e nella mia disperazione avevo alzato la mano per darle uno schiaffo. Ora mi rendo conto che la suora aveva avuto ragione, e che la morte non è semplicemente la crudele fine della vita. Avevo scoperto che dopo la vita terrena non c’è il nulla, triste e senza speranza. Nell’esuberanza dei miei sentimenti, volevo correre incontro Pascal e stringerlo tra le mie braccia. Ma appena lo toccai con la mano, tutto intorno a me cambiò. Sia il bambino che mio padre erano scomparsi. Potevo solo vedere l’ombra di mia madre. Quando capì che tutto quello che avevo visto prima, era sparito come se si fosse trattato di un’allucinazione, cominciai a gridare per la disperazione. In questo istante sentivo mia madre che diceva con un tono triste: ”Vai ora, Daniel, la vita ti aspetta!” Ma non volevo più saperne della vita! Con la stessa forza con cui avevo lottato all’ospedale contro la morte, adesso lottavo per non tornare a vivere. Volevo rimanere la dove mi trovavo. Mi comportavo come un pazzo e chiamavo ad alta voce Pascal, che ora avevo perduto per la seconda volta. Ma una forza irresistibile mi stavo portando via. Le mie grida si perdevano in un mondo infinito, senza luce né colori. Di nuovo ero tormentato da dolori, e il mio cuore mi dava un fastidio insopportabile. Con un ultimo grido aprì gli occhi e mi accorsi di essere tornato in vita. Nella mia testa sembrava esserci tutto un vuoto, e mi sentivo estremamente debole. Adesso potevo identificare nel medico accanto al mio letto la sagoma bianca, che prima si era chinata sopra il mio corpo. Quanto tempo era passato? Minuti? Ore? Giorni? Quando cercai di fare domande, l’infermiera mise il dito sulle labbra e mi fece cenno di stare tranquillo. Allora chiusi di nuovo gli occhi nella speranza di rivedere il sorriso di mia madre e il viso del mio piccolo Pascal sorridente. Invece devo essere caduto in un sonno profondo senza sogni. Più tardi quando mi ero svegliato sotto la maschera di ossigeno, il medico aveva cercato di spiegarmi quali mezzi erano stati impiegati per riportarmi in vita. Naturalmente non dissi nulla della mia esperienza in un altro mondo…

( Testimonianze realmente vissute tratto dal libro di Jean Baptiste Delacour : “Di ritorno dall’aldilà”)