BAMBINI CHE VEDONO ANGELI O SPIRITI (NDE-ESPERIENZE PREMORTE)
PREMESSA: Questo è un estratto di una conferenza preso e pubblicato successivamente in un libro testimonianza di questa grande scienziata: Elisabeth Kubler Ross
Al di là dell’assenza di dolore e della sensazione di integrità fisica in un corpo fittizio, perfetto, che possiamo definire il corpo etereo, ci si renderà anche conto che è impossibile morire da soli. Esistono TRE ragioni per cui nessuno può morire da solo: I pazienti che lentamente si preparano a morire, come spesso è il caso dei bambini malati di tumore, prima della morte iniziano a capire che possiedono la capacità di lasciare il corpo e di avere quella che noi chiamiamo “esperienza fuori dal corpo”. Tutti noi viviamo questo tipo di esperienze durante certi stadi del sonno, anche se pochi ne sono coscienti.
I bambini moribondi, più sintonizzati con certi fenomeni, diventano molto più spirituali dei loro coetanei sani, e si rendono conto di questi brevi viaggi fuori dal corpo che li aiutano nel momento del trapasso, facendo loro acquisire familiarità con il processo di allontanamento da questa vita. È durante questi viaggi che i pazienti in punto di morte prendono coscienza della presenza di Esseri che li circondano, li guidano, li aiutano. Questa è la prima ragione per cui non si muore da soli. I bambini spesso li chiamano compagni di giochi. In ambito religioso sono noti come Angeli custodi. Molti ricercatori li chiamerebbero Guide. Non è tanto importante il nome che attribuiamo loro, quanto il sapere che dal momento della nascita, e cioè dal primo respiro, fino al momento del trapasso, alla fine della nostra esperienza di vita fisica, abbiamo accanto queste Guide o Angeli custodi che ci attenderanno e ci aiuteranno nella transizione dalla vita fisica a quella ultraterrena. La seconda ragione per cui non possiamo morire da soli che saremo sempre accolti da chi abbiamo amato e ci ha preceduto nella morte: un figlio che abbiamo perso, magari decenni addietro, la nonna, il padre, la madre o altre persone significative nella nostra vita. La terza ragione per la quale non possiamo morire soli è che, persino quando abbandoniamo il corpo temporaneamente prima della morte, ci troviamo in una dimensione priva di tempo spazio, per cui possiamo recarci in qualunque posto alla velocità del pensiero. Un ragazzo che per esempio muore in Vietnam e pensa alla madre che è a Chicago, si troverà a Chicago nello stesso momento in cui l’ha pensata. Come psichiatra, è stato interessante constatare che migliaia di persone in tutto il mondo sembrano condividere la stessa allucinazione prima della morte, e cioè la consapevolezza della presenza di parenti e amici che li hanno preceduti nell’aldilà. Per studiare questo fenomeno mi ero assunta il compito di studiare i bambini feriti gravemente durante un incidente, dato che proprio i bambini sono la mia specializzazione. Come di consuetudine non era stato comunicato loro che altri membri della famiglia erano rimasti uccisi nello stesso incidente. Mi ha sempre impressionato il fatto che, comunque, sapevano sempre chi li aveva preceduti nella morte!
Come il bambino che una volta mi disse: “Stanno tutti bene, adesso. La mamma e Peter mi stanno già aspettando”. In questo caso particolare sapevo che la madre era rimasto ucciso sul colpo durante l’incidente. Ma anche il fratello Peter era ricoverato al reparto ustionati di un altro ospedale e che, stando alle notizie, era ancora vivo. Non mi soffermai a pensarci, ma quando uscì dalla sala di rianimazione, passando dalla sala infermiere, ricevetti una telefonata dall’ospedale in cui si trovava Peter. L’infermiera all’altro capo del filo mi annunciava che era morto dieci minuti prima. In tredici anni di studi sui bambini moribondi non ce n’è mai stato uno che sia sbagliato nell’identificare i familiari che lo avevano preceduto nella morte.Voglio raccontarvi la storia di Corry e di Peter:
Corry è uno dei miei pazienti preferiti, un ragazzino di cinque anni di Seattle. Stava morendo lentamente, ora come ora dovrebbe avere un’altra settimana di vita. Di tanto in tanto mi telefona, quando deve porre una domanda oppure ha delle questioni in sospeso. Negli ultimi mesi ha avuto alcune esperienze di premorte. È molto vecchio e molto saggio e ha solo cinque anni! Non ha paura di morire. Racconta nei minimi dettagli a tutti i bambini dell’ospedale la sua esperienza di morte. La sua ultima esperienza di premorte è raffigurata in un disegno fatto da lui: nel quadrante superiore sinistro, che rivela sempre il concetto di morte, c’è un castello dai colori molto vivaci. Quando ritornò spiegò alla madre: “Questo è Dio, e questo è il suo castello con una stella sorridente e ballerina”. E la stella lo salutava dicendogli: “Bentornato a casa, Corry!”. Era la sua esperienza.
Poi mi chiese di mostrarvi questo disegno perché, vedete, c’è un arcobaleno. Mi disse: “Non è solo un arcobaleno, ma anche un ponte, visto di lato, che va da questa alla prossima vita”. Dopo di che, però, venne assalito dalla preoccupazione e mi telefonò dicendomi che aveva assolutamente bisogno di sapere se il suo cane sarebbe stato là ad aspettarlo. Il suo cane era morto due settimane prima. Nelle scuole di medicina non si impara a rispondere a questo tipo di quesiti. Così gli dissi: “Sai, tutto quello che ti posso dire è che non sempre si può avere quello che si vuole, ma ci viene sempre dato quello di cui abbiamo davvero bisogno. Così, se ne hai veramente bisogno, non devi far altro che chiedere e forse il tuo cane sarà là ad aspettarti”. Poi, dopo un ulteriore esperienza di premorte, mi telefonò tutto eccitato dicendomi: “Elizabeth, Elizabeth! Non solo il mio cane era lì, ma mi scodinzolava!”. La sola differenza, nei racconti di persone di religioni diverse, è data dalla presenza o meno di certe figure religiose. Peter, di due anni, è forse il nostro miglior esempio. Ebbe una reazione allergico-anafilattica a un farmaco somministratogli da un medico e venne dichiarato morto. Mentre aspettavano che arrivasse il padre, sua madre lo abbracciava, piangendo e singhiozzando disperatamente, pregandolo di tornare. Dopo quella che le sembrò un’eternità, il piccolo riapri gli occhi e disse, con un tono da vecchio saggio: “Mamma, ero morto. Sono stato nel posto più bello che ci sia, e non volevo tornare indietro. Ero con Gesù e Maria”. Maria continuava a dirgli che non era il momento giusto, così era dovuto tornare indietro. Lui aveva cercato di ignorarla, come è tipico per un bambino di due anni, ma la Madonna lo aveva preso delicatamente per mano e lo aveva mandato via dicendogli: “Peter, tu devi tornare indietro. Devi salvare tua madre dal fuoco”.
Fu in quel momento che Peter apri gli occhi e disse felice: “Sai, mamma, quando me lo ha detto, io ho fatto la strada di corsa per tornare subito da te”. La madre non riuscì a parlarne per tredici anni ed era piuttosto depressa, in quanto aveva male interpretato l’affermazione di Maria. Credeva che volesse dire che lui l’avrebbe salvata dal fuoco dell’inferno. E non poteva capire perché dovesse toccarle una punizione simile dato che era una brava donna, laboriosa e pia. Cercai di farle capire che forse aveva interpretato erroneamente il linguaggio simbolico: anzi, era stato un regalo unico e prezioso di Maria che, come tutti gli Esseri nel Regno Spirituale, è Amore incondizionato e totale, incapace di condannare o criticare: questi sono comportamenti esclusivamente umani. Le dissi di smettere di pensarci e di lasciare che a rispondere fosse semplicemente il suo quadrante spirituale e intuitivo. E poi le chiesi: “Che cosa sarebbe successo se Maria non ti avesse rimandato Peter, tredici anni fa?”. Si mise le mani nei capelli esclamò: “Oh mio Dio, avrei vissuto le pene dell’inferno”. Non ci fu bisogno che le spiegassi: “Lo capisci, ora in che senso Maria ti ha salvato dal fuoco? “.
Le sacre scritture sono tutto un linguaggio simbolico, e se la gente ascoltasse di più il quadrante intuitivo e spirituale e non contaminasse la comprensione di quei bei messaggi con la negatività, le paure, i sensi di colpa e il bisogno di punire gli altri o se stessa, inizierebbe a comprendere i bei simboli che i pazienti moribondi usano quando cercano di comunicarci i loro bisogni, la loro conoscenza e la loro consapevolezza. Va da sé che a un bambino Ebreo non capiterà di vedere Gesù. E che un bambino Protestante probabilmente non vedrà la Madonna. Non perché non si prenderebbero cura di questi bambini, ma semplicemente perché si riceve sempre quello di cui si ha più bisogno. Incontriamo coloro che abbiamo amato di più e che ci hanno preceduto nella morte. Incontriamo coloro che hanno un significato per noi.
IL TUNNEL E LA LUCE:
Dopo essere stati accolti dalle persone care e dalle nostre Guide e Angeli custodi, attraversiamo una transizione simbolica, spesso descritta sotto forma di tunnel, un fiume o un cancello. Ognuno sceglierà ciò che è simbolicamente più significativo per se. Dopo aver attraversato questa bellissima forma di transizione, chiamata tunnel, ci avviciniamo a una sorgente di luce che molti dei nostri pazienti descrivono, e che io stessa ho sperimentato, come un’esperienza che trasforma la vita, incredibilmente bella e indimenticabile, chiamata “Coscienza Cosmica”.
In presenza di questa luce, che molti nel nostro emisfero occidentale chiamano “Cristo”, “Dio”, “Amore” o “Luce”, siamo circondati da amore, comprensione e compassione illimitati, totali e assoluti. Siamo in presenza di questa Luce, Fonte di pura energia spirituale e non più di energia fisica o psichica. L’energia spirituale non può essere manipolata o usata dagli esseri umani. È un energia nel regno dell’esistenza in cui la negatività è impossibile. E questo significa che, per quanto nella nostra vita siamo stati cattivi e ce ne sentiamo colpevoli, saremo incapaci di provare emozioni negative. È inoltre assolutamente impossibile essere condannati al cospetto di questa presenza che molti chiamano Dio, che è amore totale e assoluto. Di fronte a questa presenza diveniamo coscienti del nostro potenziale, di come potremmo essere, di come avremmo potuto vivere. E, circondati da amore, pietà e comprensione, ci viene chiesto di rivedere e valutare la nostra intera esistenza, poiché non siamo più legati a una mente o a un cervello o a un corpo limitante, ma possediamo la conoscenza e la comprensione totali. (È in questa esistenza che dobbiamo rivedere valutare ogni pensiero, ogni parola e ogni azione della nostra vita). E allo stesso tempo saremo coscienti dell’effetto che tutto questo ha avuto sugli altri. In presenza di quest’energia spirituale non abbiamo più bisogno di una forma fisica. E quindi ci lasciamo le spalle il corpo etereo e simulato e assumiamo di nuovo la forma che avevamo prima della nascita, che avremo in eterno fra diverse vite e infine quando ci fonderemo con La Fonte, con Dio, allorché il nostro destino sarà completato.
È importante capire che dal momento iniziale della nostra esistenza fino al ritorno a Dio manteniamo la nostra identità e la nostra energia. Ciò significa che fra i miliardi di persone dell’universo non esistono due tipi di energie uguali, non due persone uguali e nemmeno due gemelli identici. Chi dubitasse della grandezza delle creature dovrebbe considerare quale genio sia necessario per creare miliardi di energie tutte diverse l’una dall’altra. Tale l’unicità dell’essere umano. E la sola cosa paragonabile a questo miracolo è il numero di fiocchi di neve che cadono sul nostro pianeta. Ho avuto la grande fortuna di vedere con i miei stessi occhi la presenza di centinaia di quest’energie alla piena luce del giorno, simili a una serie di diversi fiocchi pulsanti che volteggiano nell’aria, con la loro luce, i colori differenti e le diverse forme. Questo sarà il nostro aspetto, dopo la morte. E che avevamo prima di nascere. Non occupiamo spazio e non abbiamo bisogno di tempo per andare da una stella all’altra, dal pianeta terra a una galassia. Questa energia, questi esseri sono qui con noi e se solo avessimo occhi per vederli ci renderemo conto che non siamo mai ma proprio mai soli! Siamo circondati da queste entità, che ci guidano, ci amano, ci proteggono e cercano di dirigerci sulla via da percorrere per compiere il nostro destino.
Nei momenti di grande dolore o di grande solitudine possiamo entrare in sintonia e divenire consapevoli della loro presenza. Magari comunicare con loro di notte, prima di addormentarci, e chiedere che si rivelino a noi. Prima del sonno possiamo porre qualche domanda e chiedere che ci diano la risposta tramite i sogni. Coloro che hanno dimestichezza con i propri sogni si accorgono che proprio dormendo che ricevono una risposta a molte domande. Entrando sempre più in sintonia con la nostra identità interiore e con la nostra parte spirituale possiamo ricevere aiuto di guida anche dalla nostra intimità interiore, dal nostro Dio onnisciente, con la parte immortale che chiamiamo farfalla.
*Elizabeth Kùbler Ross -La Morte E La Vita Dopo La Morte
*Nota*: Nel campo della ricerca sulla morte, la dottoressa Elizabeth Kùbler Ross si è meritatamente conquistata grande fama. Le innumerevoli ore trascorse accanto ai pazienti allo stadio terminale le consentirono di fare scoperte in seguito confermate da altri ricercatori, ormai patrimonio acquisito di questo campo di studio. Elizabeth Kùbler Ross non esitò a mettere a repentaglio il suo buon nome di scienziata affermando ciò che le esperienze dei morenti le avevano insegnato: la morte in realtà non esiste, è un passaggio a un altro stadio di coscienza, in cui si continua a crescere psichicamente e spiritualmente. Elizabeth Kùbler Ross psichiatra, ha svolto un lavoro pionieristico nel campo dell’assistenza ai malati terminali e della ricerca sulla morte e il morire. Per questi suoi lavori scientifici le sono state conferite da varie università lauree honoris causa. Grazie al suo impegno e alla sua instancabile attività, l’assistenza ai morenti e la ricerca sulla morte sono divenuti di grande attualità. Elizabeth Kùbler Ross 8 luglio 1926 Zurigo/ 24 agosto 2004 Scottsdale ,Stati Uniti