BEATI GLI AFFLITTI : ISTRUZIONE DEGLI SPIRITI

Quando Cristo ha detto: “Beati gli afflitti perché di essi è il Regno dei Cieli”, non parlava in generale di coloro che soffrono, poiché tutti quelli che sono quaggiù soffrono, così sul trono come sulla paglia. Ma, purtroppo!, pochi sanno soffrire, pochi comprendono che solo le prove sopportate con serenità possono condurre al regno di Dio. Lo scoraggiamento è una colpa; Dio vi rifiuta delle consolazioni perché non avete coraggio. La preghiera è per l’anima un sostegno, ma non basta, bisogna che sia accompagnata da una viva fiducia nella bontà di Dio. Vi è stato detto spesso che Egli non pone mai un fardello troppo pesante sulle spalle deboli, ma il fardello è proporzionato alle forze, come la ricompensa sarà proporzionata alla resistenza e dal coraggio. La ricompensa sarà tanto più magnifica quanto più l’afflizione sarà stata dolorosa. Ma, questa ricompensa, bisogna meritarla, ed ecco perché la vita è piena di tribolazioni. Il soldato che non è andato in guerra non è contento, perché il riposo nell’accampamento non gli procura nessun vantaggio nella carriera: siete come il soldato e non auguratevi un riposo nel quale il vostro corpo si snerva e la vostra anima si intorpidisce. Siate soddisfatti quando Dio vi manda a lottare. Questa lotta non è il fuoco della battaglia, ma l’amarezza della vita, nella quale occorre un coraggio maggiore perché lo stesso uomo che resterà saldo di fronte al nemico, si piegherà sotto lo spasimo di una stretta mortale. Gli uomini non hanno ricompense per questo genere di coraggio, ma Dio gli concede la corona e una sorte gloriosa. Quando vi sopravviene una ragione di pena o di contrarietà, cercate di superarla, e quando sarete riusciti a padroneggiare gli slanci dell’impazienza, della collera o della disperazione, potrete dirvi con meritata soddisfazione: “io sono stato il più forte”. “Beati gli afflitti”, può, dunque, essere tradotto così: Beati coloro che hanno avuto occasione di provare la loro fede, la loro fermezza, la loro perseveranza e la loro sottomissione alla volontà di Dio, perché a loro sarà resa cento volte la gioia che hanno perduto sulla terra, e dopo la fatica verrà riposo.

IL MALE E IL RIMEDIO

La vostra terra è dunque un soggiorno di gioia, un paradiso di delizie? La voce del profeta non vi risuona dunque più alle vostre orecchie? Non ricordate che Egli ha detto che vi sarebbero stati pianti e stridore di denti per coloro che nascessero in questa valle di lacrime? Voi che venite a vivere qui, aspettatevi dunque lacrime cocenti e pene amare, e più i dolori saranno acuti e profondi più volgetevi a guardare il Cielo e benedite il Signore per le prove che vi manda!… Oh uomini, voi non riconoscerete, dunque, la potenza del vostro Signore che quando avrà guarito le piaghe del vostro corpo e coronato i vostri giorni con beatitudini e gioie!…
Nello stato di disincarnati, quando eravate nello spazio, avete scelto la vostra prova perché vi siete creduti abbastanza forti per sopportarla: perché adesso vi lamentate? Voi che avete chiesto la fortuna, la gloria, lo avete fatto per lottare contro la tentazione di vincerla. Vuoi che avete domandato di dover lottare con lo spirito e con il corpo contro il male morale e fisico, lo avete fatto perché sapevate che quanto più la prova sarebbe stata dura tanto più la vittoria sarebbe stata gloriosa, e che se voi ne foste usciti trionfatori, anche se la vostra carne doveva essere gettata in un letamaio, al momento della morte essa avrebbe emanato un’anima di un candore splendido e tornata pura grazie al battesimo dell’espiazione. Qual è, dunque, il rimedio che si può offrire a quanti sono colpiti da crudeli ossessioni e da mali cocenti? Solo uno è infallibile: la fede e lo sguardo volto al cielo. Se nel momento delle vostre sofferenze più crudeli, la vostra voce inneggerà al Signore, l’Angelo al vostro capezzale vi indicherà con la mano il segno della salute e di luogo che occupa le rette un giorno… La fede è il sicuro rimedio alla sofferenza: essa vi fa scorgere sempre gli orizzonti dell’infinito davanti ai quali scompaiono i pochi giorni bui del presente. Non chiedetevi più, dunque, quale rimedio si debba impiegare per guarire questa o quella ulcera, questa o quella piaga, o tentazione o prova: ricordatevi che colui che crede ha la forza del rimedio nella fede, e che colui che dubita un solo istante della efficacia è subito punito perché nello stesso istante colpito dalle pungenti angosce dell’afflizione. Il Signore ha segnato con il Suo suggello tutti coloro che credono in Lui. Cristo ci ha detto che è la fede che muove le montagne, ed io vi dico che colui che soffre ma è sostenuto dalla fede sarà posto sotto la sua egida e non soffrirà più…
(Sant’Agostino, Parigi, 1863).

I TORMENTI VOLONTARI

L’uomo è continuamente occupato ad inseguire la felicità che continuamente gli sfugge, perché la felicità pura non esiste sulla terra. Ciò nondimeno, malgrado le vicissitudini che formano l’inevitabile corteo di questa vita, egli potrebbe almeno godere di una felicità relativa, ma egli si ostina a cercarla nelle cose periture e soggette alle stesse vicissitudini, e cioè nei godimenti materiali, invece di cercarla nelle gioie dell’anima che fanno pregustare le gioie celesti. Invece di cercare la pace del cuore, sola vera felicità quaggiù, l’uomo è avido di tutto ciò che può agitarlo e turbarlo, ed è singolare che sembri crearsi apposta dei tormenti che sta solo a lui evitare.
Vi sono tormenti più grandi di quelli causati dall’invidia e dalla gelosia? Per l’invidioso e il geloso non v’è tregua; hanno perpetuamente la febbre; ciò che essi non hanno e che altri possiedono è per loro causa di insonnie; i successi dei loro rivali danno a loro le vertigini; la loro emulazione si esercita soltanto con il cercare di eclissare i loro vicini, tutta la loro gioia consiste nell’eccitare la rabbia della gelosia che li possiede, negli insensati come loro. Poveri insensati, davvero, che non riflettono che domani saranno costretti ad abbandonare tutti quei blocchi, la bramosia dei quali ha avvelenato tutta la loro vita! Non è a loro che si applicano le parole “Felici gli afflitti perché saranno consolati”, non essendo i loro affanni di quelli che troveranno compenso in cielo.
Quanti tormenti si risparmia, al contrario, colui che sa accontentarsi di ciò che ha, che guarda senza invidia ciò che non ha, che non vuole apparire più di quello che è. È sempre ricco, perché se guarda al di sotto di lui, invece che al di sopra, vede sempre della gente che ha ancora meno di quanto egli non abbia; è calmo perché non si crea bisogni chimerici, e la calma in mezzo alle tempeste della vita non è forse felicità?
( Fenelon, Lione, 1860)

LA MALINCONIA

Sapete perché una vaga tristezza si impadronisce talvolta dei vostri cuori e vi fa trovare la vita tanto amara? È il vostro spirito che aspira alla felicità e alla libertà, e che, legato al corpo che gli serve da prigione, si esaurisce in vani sforzi per uscirne. Ma, vedendo che i suoi sforzi non ottengono il loro scopo, finisce per cadere nello scoraggiamento e, siccome il corpo subisce la sua influenza, il languore, lo scoramento ed una specie di apatia si impadroniscono di voi, facendovi sentire infelice.
Ascoltatemi; resistette energicamente a queste impressioni che indeboliscono la vostra volontà. Queste aspirazioni ad una vita migliore sono innate in tutti gli uomini, ma non cercate di realizzarle quaggiù. Adesso che Dio vi manda i suoi spiriti per istruirvi circa la felicità che vi riserva, aspettate con pazienza l’Angelo della liberazione che vi aiuterà a rompere i legami che tengono prigioniero il vostro spirito. Pensate che, durante il vostro periodo di prova sulla terra, voi dovete compiere una missione che ignorate vi sia stata affidata, così dedicandovi alla vostra famiglia con l’adempiere di tutti i doverosi compiti di cui Dio vi ha incaricati. E se, durante tale prova e assolvendo i vostri impegni, vi vedrete colpiti dagli affanni, dalle inquietudini, dai dolori, siate forti e coraggiosi per sopportarli. Affrontateli decisamente; sono di breve durata e dovranno condurvi presso gli amici che voi piangete, che si rallegreranno del vostro arrivo fra loro e vi apriranno le braccia per condurvi in un luogo in cui non possono accedere i dolori della terra. Voi domandate se è permesso di mitigare le proprie prove: è una domanda simile a questa: è permesso a chi sta annegando di cercare di salvarsi? Le prove hanno lo scopo di esercitare l’intelligenza, tanto quanto la pazienza e la rassegnazione: un uomo può nascere in una posizione penosa e imbarazzante, proprio per obbligarlo a cercare i mezzi per vincere le difficoltà. Il merito consiste nel sopportare senza lagnarsi le conseguenze dei mali che non si possono evitare, nel perseverare nella lotta, nel non disperarsi se non si riesce; nel non lasciar correre perché più che virtù sarebbe pigrizia.Poiché Gesù ha detto: “Beati gli afflitti”, c’è del merito, nel cercare le afflizioni, aggravando le prove con delle sofferenze volontarie? Vi risponderò molto chiaramente: sì, vi è un gran merito quando sofferenze e privazioni hanno il fine del bene del prossimo, perché allora è carità fatta per mezzo del sacrificio; Non c’è nessun merito quando non hanno altro scopo che se stessi, perché allora non è che fanatico egoismo. Occorre fare qui una profonda distinzione: per voi, personalmente, accontentatevi delle prove che vi manda Dio e non aumentatene il peso che è già, talvolta, così greve; accettatele senza lagnarvi e con fede, è tutto ciò che Egli vi chiede. Non indebolite vostro corpo con privazioni inutili e macerazioni senza scopo, perché avete bisogno di tutte le vostre forze per compiere la vostra missione che è il vostro lavoro sulla terra. Torturare e martirizzare volontariamente il vostro corpo contravvenire alla legge di Dio, che vi da i mezzi per sostenerlo e fortificarlo. Indebolirlo senza necessità è un vero suicidio. Usate, ma non abusate: è questa la legge: l’abuso, anche delle cose migliori, comporta una punizione a causa delle sue inevitabili conseguenze. Tutt’altro è ciò che riguarda le sofferenze che ci si impone per alleviarne il prossimo. Se voi sopportate il freddo e la fame per riscaldare e nutrire chi ne ha bisogno, e se il vostro corpo ne soffre, ecco che questo sacrificio è benedetto da Dio.… Ma voi, che vi ritirate dal mondo per evitarne le seduzioni e vivete nell’isolamento, qual è la vostra utilità sulla terra? Dov’è il vostro coraggio nelle prove, visto che fuggite la lotta e disertate il combattimento? Se volete un cilicio* ( cilicio* = Cintura ruvidissima e nodosa da portarsi sulle carni per penitenza) applicatelo alla vostra anima e non al vostro corpo, mortificate il vostro spirito e non la vostra carne, fustigate il vostro orgoglio, ricevete le umiliazioni senza lamentarvi, calpestate il vostro amor proprio, irrigiditevi contro il dolore dell’ingiuria della calunnia, più acuto dei dolori fisici. Ecco il vero cilicio le cui piaghe vi saranno contate come meriti, poiché saranno la dimostrazione del vostro coraggio e della vostra sottomissione ai voleri di Dio.
(Un Angelo custode, Parigi, 1863)

Domanda: Si deve porre un termine alle prove del prossimo, quando si può, o, per rispetto ai disegni di Dio, bisogna lasciarle seguire il loro corso?

Risposta: Abbiamo detto e ripetuto spesso che siete su questa terra d’espiazione per compiere le vostre prove, e che tutto quello che vi succede è una conseguenza delle esistenze anteriori, è l’interesse del debito che dovete pagare. Ma questo pensiero provoca spesso delle riflessioni che è necessario interrompere perché potrebbero avere funeste conseguenze: alcuni pensano che, dal momento che si è sulla terra per espiare, bisogna che le prove facciano il loro corso. Ce ne sono perfino di quelli che arrivano a credere che non soltanto non si deve far nulla per attenuarle, ma che, al contrario, bisogna contribuire affinché divengano più utili rendendole più energiche. È un grave errore. Sì, le vostre prove debbono seguire il corso tracciato da Dio, ma, questo corso, voi lo conoscete? Sapete fino a qual punto debbano giungere, e se il vostro Padre misericordioso non ha detto alla sofferenza di questo o quello dei vostri fratelli: “Tu non andrai più oltre?” Sapete se la sua Provvidenza vi ha scelti non come strumento di supplizio per aggravare le sofferenze del colpevole, ma come balsamo di consolazione per cicatrizzare le piaghe che la sua giustizia aveva aperte? Quando vedete uno dei vostri fratelli colpito dalla sofferenza, non dite dunque: è la giustizia di Dio che deve fare il suo corso. Dite vi invece: vediamo quali mezzi il nostro Padre misericordioso ha posto in mio potere per alleviare la sofferenza del mio fratello. Vediamo se il mio conforto morale, il mio aiuto materiale, i miei consigli, potranno aiutarlo a superare questa prova con maggiore forza, più pazienza e più rassegnazione. Vediamo anche se Dio non ha messo nelle mie mani il mezzo per far cessare questa sofferenza: se non è stato concesso a me, sia pure come prova, forse è come espiazione, di fermare il male e di sostituirlo con la pace. Aiutatevi dunque sempre nelle vostre rispettive prove e non consideratevi mai come strumenti di tortura: un simile pensiero deve ripugnare ogni uomo di cuore.

Allan Kardec – Il Vangelo secondo gli Spiriti

NOTA: il Vangelo secondo gli spiriti contiene la spiegazione delle massime morali di Cristo, tutte le comunicazioni sono state effettuate da spiriti molto elevati e testi attribuiti ad autori diversi concordano e si integrano tra loro in maniera mirabile.

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