LA PREGHIERA SECONDO GLI SPIRITI – COMUNICAZIONE EXTRA SENSORIALE ?

Noi possediamo in noi stessi, per il pensiero e per la volontà, una potenza d’azione, che si estende molto al di là dei limiti della nostra sfera corporale. La preghiera per gli altri è un atto di questa volontà, e, se ardente e sincera, può chiamare in soccorso di coloro che ne sono l’oggetto i buoni Spiriti, che suggeriscono loro provvidi pensieri, e danno loro la forza del corpo e dell’anima di cui hanno bisogno. Ma anche qui la preghiera del cuore è tutto; quella delle labbra non vale a nulla.

Domanda:- E’ gradita a Dio la preghiera? 

Risposta: «Sempre, se viene dal cuore, poiché per Lui l’intenzione e tutto. La preghiera che parte dal cuore è preferibile a quella che possiate leggere in un libro, per quanto sia bella, se la leggete più con le labbra che col pensiero. Iddio la gradisce, quando è espressa con fede, fervore e sincerità; ma la respinge, se viene da un cuore vano, orgoglioso ed egoista, salvo che non sia per atto di pentimento sincero e di vera umiltà».

Domanda: – Qual è il carattere generale della preghiera?

Risposta: «La preghiera è un atto di adorazione. Pregare Iddio è pensare a Lui, avvicinarsi a Lui, e mettersi in comunicazione con Lui. Con la preghiera, l’uomo si propone tre intenti, cioè lodare, chiedere, ringraziare».

Domanda: – La preghiera rende migliore l’uomo?

Risposta: «Sì, perché chi prega con fervore e fede è più forte contro le tentazioni del male, e Dio manda buoni Spiriti ad assisterlo. Questo soccorso non manca mai, se domandato con sincerità».

Domanda: – Come va che alcuni, i quali pregano molto, sono tuttavia di pessimo carattere, diffidenti, invidiosi, fastidiosi, malevoli, intolleranti e talvolta anche viziosi?

Risposta: «L’essenziale non è pregare molto, ma pregare bene. Costoro, credendo che ogni merito si acquisti con lunghe preghiere, le recitano meccanicamente, e chiudono gli occhi sui propri difetti. La preghiera per essi è una occupazione, un impiego di tempo: ma non uno studio di se stessi. Non è già il rimedio che sia inefficace, bensì la maniera con cui lo adoperano».

Domanda: – Giova pregare Iddio, affinché ci perdoni le nostre colpe?

Risposta: «Dio sa discernere il bene ed il male; la preghiera non cancella le colpe. Chi chiede a Dio il perdono dei suoi peccati, invano lo chiede se non cambia sistema di vita. Le buone opere sono le migliori preghiere, poiché i fatti valgono più delle parole».

Domanda:- Giova pregare per gli altri?

Risposta: «Lo Spirito di chi prega per altri agisce con la sua volontà di fare il bene. Con la preghiera attrae a sé i buoni Spiriti, che gli si associano nel bene che vuol fare».

Domanda:- Le preghiere che facciamo per noi stessi possono cambiare la natura delle nostre prove, od esentarcene?

Risposta: «Le vostre prove sono nelle mani di Dio, e ce ne sono di quelle che devono essere subite fino al termine; ma allora Dio tiene sempre conto della rassegnazione. La preghiera vi chiama intorno i buoni Spiriti, che vi danno la forza di sopportarle con coraggio e rassegnazione, ed in tal modo vi sembrano meno dure. La preghiera, giova ripeterlo, non è mai senza frutto, quando viene dal cuore, perché ritempra le energie dell’anima; la cosa è già per se stessa un gran bene. Aiutatevi, e il Cielo vi aiuterà: è una vecchia massima che tutti conoscete. Iddio, del resto, non può cambiare l’ordine della natura a piacere di ciascuno, perché ciò che è un gran male secondo le vedute meschine della vostra effimera vita, è spesso un gran bene nell’ordine generale dell’universo. E poi, quanti non sono i mali dell’uomo, di cui egli stesso è l’artefice per la sua imprevidenza, o per le sue colpe? Egli è punito dai propri errori. D’altra parte, le giuste domande vengono esaudite assai più spesso di quello che potrebbe sembrare: voi credete che Dio non vi abbia dato ascolto, perché non ha fatto un miracolo, mentre vi assiste con mezzi tanto naturali che vi sembrano effetti del caso o forza di circostanze. Il più delle volte, poi, Egli vi suscita nella mente l’ispirazione necessaria per togliervi d’impiccio da voi stessi».

Domanda: – Giova pregare per i morti e per gli Spiriti che soffrono? E, se sì, come possono le nostre preghiere sollevarli ed abbreviarne i patimenti? Hanno esse la forza di piegare la giustizia di Dio?

Risposta: «La preghiera non può avere l’effetto di mutare i disegni di Dio; ma l’anima, per la quale uno prega, ne risente sollievo come da una prova d’affetto che le si dà, perché all’infelice è sempre di conforto il trovare cuori caritatevoli, che lo compatiscono nelle sue pene. D’altra parte, con la preghiera l’anima viene eccitata al pentimento e al desiderio di fare ciò che si deve per essere felice: e in questo senso si può abbreviarne i dolori, se, dal canto suo, si è secondati con la buona volontà. Il desiderio, poi, di migliorarsi, eccitato dalla preghiera, chiama intorno allo Spirito sofferente Spiriti migliori, che vanno ad illuminarlo, a consolarlo, a dargli speranza. Gesù pregava per le pecorelle smarrite, mostrandovi così che sareste colpevoli se anche voi non pregaste per quelli che ne hanno maggiormente bisogno».

Domanda: – Quale valore ha l’opinione, che rigetta la preghiera per i morti, poiché non prescritta nei Vangelo?

Risposta: «Il Cristo disse agli uomini: Amatevi come fratelli. Ora questa raccomandazione comprende quella d’impiegare tutti i mezzi possibili per dimostrarsi l’affetto, senza entrare nei particolari sul modo di conseguire il fine. Vero è che nessuna forza può distogliere Iddio dall’applicare a tutte le azioni dello Spirito la giustizia di cui Egli è la sorgente; ma non è meno vero che la preghiera fattagli per lo Spirito, per il quale nutrite affetto, è per lui un pegno di buona memoria, che non può non contribuire ad alleviarne le pene e a confortarlo. Si sa che da Dio gli verrà in aiuto solo quando dimostrerà almeno un principio di pentimento; però anche prima l’Eterna Pietà non gli nasconde che un’anima che lo ama si è occupata di lui, e gli si lascia il dolce pensiero, che l’intercessione di essa gli ha giovato.
Allora ne risulta necessariamente da parte sua gratitudine e affetto per colui che gli ha dato quella prova di benevolenza e compassione, e così ubbidiscono entrambi alla divina legge d’amore ed unione fra tutti gli esseri proclamata dal Cristo».

Domanda: – Si possono pregare gli Spiriti?

Risposta: «Si possono pregare i buoni come messaggeri di Dio ed esecutori della sua volontà; ma il loro potere, proporzionato alla loro elevatezza, dipende sempre dal Signore di tutte le cose, senza il cui permesso non avviene nulla: perciò le preghiere agli Spiriti non hanno efficacia, se non sono gradite a Dio».

Allan Kardec*  Il libro degli spiriti

Nota* Allan Kardec – è il nome con cui è conosciuto uno dei grandi pensatori del Cristianesimo spiritista. Si Chiamava in realtà Hippolyte Lèon Denizard Rivail. Nato a Lyon in Francia(1804) da famiglia borghese che lo educa a principi forti, di onestà e virtù. Dopo i primi studi a Bourg, i genitori nel 1814 lo mandano a studiare nel prestigioso Istituto Pedagogico di Jean Henry Pestalozzi a Yverdon, sul lago di Neuchatel, in Svizzera. Nell’istituto si seguivano i principi naturalistici del grande filosofo Jean Jacques Rousseau: i giovani vi venivano educati senza il ricorso, a quel tempo abituale, a punizioni corporali.

Nel 1818 Lèon si diploma brillantemente: conosce, oltre al francese, l’inglese, il tedesco, e l’olandese e possiede una straordinaria preparazione etica e culturale. Fonda a Parigi una scuola ispirata alla Pedagogia di Pestalozzi. Nel 1831 pubblica il fondamentale studio ” Qual è il sistema di studio più in armonia con le necessità dell’ epoca? ” grazie al quale ottiene il Premio dell’ Accademia reale di Arras. Si dedicò alla pedagogia fino al 1848, quando iniziò a studiare lo Spiritismo. La sua piena conversione avvenne perô solo tra il 1854 ed 1855.
Le prime esperienze medianiche osservate da Lèon Denizard si verificarono in una non meglio precisata sera del maggio 1855 nella casa parigina della signora Plainemaison. Decise cosi di studiare razionalmente le legge che presiedono ai fenomeni spiritisti . Il 25 marzo 1856, dopo mesi di studi indefessi, aveva raccolto gran parte del materiale che andrà a costituire Il Libro degli Spiriti, diventando così il codificatore di quei fenomeni. Poco più di un mese dopo, il 30 aprile, seppe della sua missione dalla medium Aline C. Scelse lo pseudonimo Allan Kardec per i misteriosi legami che lo vincolavano a vite anteriori, ma soprattutto per non mischiare la sua opera di docente con il suo lavoro di codificatore spiritista.
Con straordinaria passione scrive Il Libro degli Spiriti, pubblicato nel 1857, conteneva 501 quesiti, stampati su doppia colonna, una per le domande, l’altra per le risposte degli spiriti.
Dal 1857 al 1869 si dedicò completamente al spiritismo: fondò nell’ aprile 1858, la Società parigina per gli Studi Spiritisti e, poco dopo, la Rivista Spiritista. Via via diede vita a un poderoso sistema di corrispondenza con diversi paesi, viaggiando e tenendo conferenze per stimolare la formazione di nuovi centri e per completare la sua missione di codificatore. Pubblicò altri quattro libri, che con il Libro degli Spiriti formano il cosiddetto Pentateuco Kardequiano: Libro dei Medium(1861)/Il Vangelo secondo lo Spiritismo(1864)/Il Cielo e l’Inferno(1865)/La Genesi(1868). Nel pieno dell’attività quando non aveva ancora 65 anni,  Allan Kardec disincarnò il 31 marzo 1869, per un aneurisma cerebrale.”

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