Il suicidio secondo gli Angeli (dal punto di vista angelico)
Il suicidio è sempre inaspettato per i famigliari del defunto, ma questo ci aveva pensato a lungo. Anche nel caso del suicidio c’è un accordo tra Dio anima e corpo?
Risposta: Il suicidio è il risultato della lotta di potere tra l’anima e Dio per decidere il momento della morte, una guerra lampo iniziata dalle gerarchie oscure. In alcuni casi l’Angelo custode riesce a far fallire i tentativi di suicidio messi in atto dall’individuo. In realtà chi combatte questa lotta di potere è l’anima. Dio ne viene a conoscenza solo successivamente, e quando avviene dà il suo consenso all’anima, rispettandone la libertà. Anche in questo caso non vuole limitare il libero arbitrio dell’uomo e delle gerarchie oscure che lo influenzano.
Il suicidio è un omicidio e in quanto tale ribalta il principio della creazione e mette in dubbio la stessa autorità divina. Il Padre lo accetta con tristezza ma anche con un sorriso, proprio come genitori di un figlio adolescente mi accettano gli scatti d’ira.
Chi si suicida non conosce le conseguenze che le sue azioni avranno sulla vita futura dell’anima, cerca di mettere fine alla sua vita perché ritiene che non ci sia più speranza. Dio vede tutto questo ma rispetta la libertà dell’uomo e non interviene, seppur rammaricato per la perdita di un’anima nel mondo e dell’aiuto che essa poteva dargli.
Ma ci sono davvero delle situazioni senza speranza?
Risposta: No, se per il Padre non è ancora arrivato il momento di mettere termine alla vita terrena di quell’anima significa che c’è ancora speranza e che vivere ha ancora senso. Può essere che la persona stia vivendo un periodo difficile, che soffra o sia sottoposta a grandi difficoltà, ma questa esperienza gli serve a imparare qualcosa per il futuro, migliorare, diventare più forte.
Dio sa meglio degli uomini se la loro vita ha senso, quando decide lo fa tenendo presenti tutti i fattori:
- Le incarnazioni precedenti di quell’anima
- Il piano di vita che l’anima ha discusso con l’Angelo del sole prima di incarnarsi
- La vita attuale della persona e il suo grado di sviluppo
- I rapporti dell’anima con le altre anime incontrate sulla terra e con quelle non incarnate
- I desideri e le necessità del corpo
- I desideri dell’anima
- I possibili sviluppi futuri, i sogni e le possibilità reali della persona.
Per il Padre la morte ha senso solo se si è tenuto conto di tutte queste variabili, poiché ognuna di esse è un tassello indispensabile alla riuscita del capolavoro che è la vita dell’uomo. Quando tutto è pronto Dio fa un cenno all’anima che deve essere pronta a riconoscerlo.
Il Padre gli chiede se non desidera fare ancora una determinata esperienza o incontrare delle persone e non è raro che essa risponde affermativamente. In tal caso Dio le dà la possibilità di farlo, sempre che il corpo sia d’accordo. Se invece non è possibile l’anima può solo pensare a quelle esperienze o a quelle persone e trovare la pace nel poco tempo che le rimane.
La morte sopraggiunge al cenno del Padre, ma il Dio sceglie con saggezza il momento opportuno, considerando e soppesando tutte le variabili, proprio come farebbe un artista con il suo capolavoro.
Anche la vostra vita è un capolavoro e adesso è completo. Se avete questa certezza potete affidarvi a Dio senza preoccuparvi di quando arriverà il momento.
Chi si suicida non ha fiducia in Dio e nel suo giudizio. Non conosce Dio e non lo prende sul serio, nella sua concezione religiosa non c’è spazio per un Padre saggio che sa cosa fare meglio dei suoi figli. Non riesce a trovare un senso alla sua vita e neppure a capire come possa cambiarla, o che qualcuno riesca a farlo per lui. Vive questa mancanza di senso con rassegnazione o con disperazione, è pieno di rabbia verso tutti, verso il mondo e verso se stesso. È stanco di andare avanti, non riesce o non vuole più farlo e gli sembra che l’unica soluzione sia mettere fine alla sua inutile vita, una forma di giustizia privata. Purtroppo in caso di suicidio la morte non giunge a completare la vita ma a interromperla.
Se Dio ritiene che la vita terrena dell’anima sia completa la avverte ed essa accetta la decisione divina. Solo un’anima aperta e fiduciosa nelle decisioni di Dio si rimette nelle sue mani, come Cristo ha fatto sulla croce. Le parole “Sia fatta la tua volontà” sottintendono una totale accettazione del volere del Padre e la crocifissione stessa non è che una risposta alla sua chiamata. Il suicidio invece raggruppa in sé entrambi i ruoli, ma se non c’è una vera chiamata non ci può essere una vera risposta.
Il Padre non dà il suo consenso all’atto suicida, per lui la vita non è ancora completa, può solo accettare la decisione dell’anima e sperare che nella successiva incarnazione porti a compimento ciò che in questa aveva iniziato. Il suicida non sa che non è mai solo, neppure nelle situazioni più drammatiche, accanto a lui c’è sempre un Angelo custode a proteggerlo e a guidarlo, e una via d’uscita la si trova sempre. Non ha neppure imparato che oltre all’Angelo al suo fianco c’è sempre il cerchio delle anime sorelle che può sostenerlo e aiutarlo a trovare un senso alla propria vita.
Domanda: I familiari del defunto di solito temono che suicidarsi sia un peccato mortale che il cielo non può perdonare e che il loro caro verrà perciò punito con il fuoco eterno.
Risposta: La Chiesa continua a vedere il suicidio come un errore, ma, pregando, affida l’anima peccatrice alla pietà di Dio fiduciosa l’nel suo perdono. Di solito l’anima trova la strada verso il cielo, capisce il suo errore e si pente del dolore causato a se stessa e agli altri, ma non viene punita o maledetta, e di certo non per l’eternità.
Una volta arrivata al cospetto di Cristo, questi non la sgrida per il suo gesto, anzi è comprensivo, la rimbrotta soltanto per aver trattato male il suo corpo e le consiglia, dovesse ancora trovarsi in una situazione di disperazione, di fermarsi e ragionare.
La stessa cosa vale anche se il suicidio non è il risultato della disperazione ma è calcolato e premeditato?
Risposta: Il suicidio è sempre un atto passionale anche quando è premeditato. Inoltre c’è sempre un elemento di disturbo che può far fallire il tentativo di suicidio, come per esempio l’azione dell’Angelo custode. Ci può sempre essere una svolta felice, un miracolo che risolve la situazione. L’altro elemento di disturbo di un suicidio premeditato sono i suoi effetti sull’anima del defunto. In sostanza l’omicidio premeditato non è mai calcolato nei minimi dettagli e si trasforma sempre in un atto impulsivo e passionale.
Per i familiari è importante ricordare una cosa: se una persona ha deciso che la sua vita non è degna di essere vissuta e vuole abbandonare questo mondo ostile, nulla e nessuno riuscirà a farle cambiare idea. Non si deve colpevolizzare. La persona in questione farà di tutto per nascondere la sua decisione ai propri cari e se essi capiscono quello che sta succedendo e provano a farla ragionare essa si chiuderà in se stessa, rifiutando qualsiasi aiuto. Non ha quindi senso che i familiari si colpevolizzino o rimproverino per non aver aiutato il defunto, ma devono accettare quanto è successo, trarre i dovuti insegnamenti e guardare al futuro.
Non si può fare proprio nulla per aiutare il suicida a desistere?
Risposta: Potete contribuire a diffondere la conoscenza sull’aldilà e la certezza che Dio è sempre accanto all’uomo anche nei momenti di crisi. Il miglior modo per diffondere questi insegnamenti è dando l’esempio. Mostrate che la vostra vita è dedicata agli altri, non lasciatevi scoraggiare dalle difficoltà e non disperate. Attraverso il vostro esempio anche le altre persone capiranno che non c’è motivo di farsi prendere dal panico. E ricordate che, ogni volta che non cedete alla disperazione e superate una crisi, non solo acquistate dignità ma diffondete attorno a voi una forza e una luce che confortano gli altri e li spingono a imitarvi.
Alexa Kriele*
*Nota: Alexa Kriele è una esperta di fama mondiale nello studio dell’Angelologia. Attraverso la sua profonda fede Cristiana e le sue capacità medianiche riesce a trasmetterci i messaggi degli Angeli rispondendo a domande poste dal suo interlocutore Bernard Jakoby, esperto parapsicologo tedesco.