IL SUICIDIO: Risponde l’Angelo Ariel

L’autrice del libro, con l’aiuto di una guida spirituale, è entrata in contatto con L’Angelo Ariel, e ha riportato il suo messaggio!

Linda: potresti parlarci del karma del suicidio?

Ariel: purtroppo non possiamo farti un esempio che ti riveli la formula che cerchi. Questa esperienza, questo evento che chiamate suicidio in cui un’anima si sente intrappolata in ciò che chiamiamo inferno senza possibilità di fuga, né via d’uscita, è forse una delle esperienze più tristi della condizione umana. Tale esperienza, insieme al fenomeno che con tanta naturalezza chiamata guerra, è la più difficile da immaginare in questo regno. È molto difficile assistere al dolore, alla sofferenza che vediamo nella coscienza di chi, per assurdo, teme tanto la morte da togliersi la vita per sfuggire a questa paura. Ed è altrettanto difficile sentirsi impotenti e incapaci di aiutare, sostenere un aspirante suicida e impedire che si tolga la vita. Questo perché la coscienza più profonda di chi si è così perduto in se stesso, così isolato, così intrappolato nella sua paura da considerare il suicidio, è irraggiungibile. Non esiste nessun legame, nessuna apertura attraverso la quale possiamo intervenire nella sua vita.
La conseguenza karmica del suicidio, l’esperienza successiva così come il viaggio dal corpo all’unità, alla fine della vita metabolica, sono indescrivibilmente complessi e non possono essere resi a voi comprensibili. Non esiste un modo lineare e pre ordinato di prevedere quale sarà la conseguenza, perché il processo di proiezione karmica di ogni atto compiuto nella vita terrena sulla vita successiva, varia da anima ad anima. Ogni viaggio dell’anima è assolutamente unico, e il processo dinamico complessivo che chiamate vita è tanto complesso e imprevedibile, e in costante cambiamento, che non può essere accolto dalla mente umana.

Linda: vi sono parole che un essere umano potrebbe scambiare con qualcuno che sta contemplando il suicidio?

Ariel: un aspirante suicida si trova in uno stato mentale, in uno stato di consapevolezza talmente disperato e senza vie d’uscita, che è molto difficile raggiungerlo per coloro che si trovano nel nostro regno e anche nel vostro. L’estremo isolamento, il senso di separazione, il circolo vizioso di paura di cui è vittima la mente dell’aspirante suicida lo spingono a rifiutare ogni sorta di offerte d’aiuto, di sostegno o di guida da parte degli altri. Un’ulteriore difficoltà consiste nel fatto che è difficile per chiunque sopportare e sperimentare la condizione di qualcuno che ha problemi molto seri, che sull’ orlo della disperazione; è difficile dal momento che scava all’interno del livello primordiale del senso di separazione esacerbando anche il livello di paura individuale. Il fine dell’ego è di rassicurare se stesso della propria separazione, della propria esistenza, della propria unicità. Nel caso di un aspirante suicida, la disperazione, il livello del senso di separazione, l’esperienza della profondità dell’inferno creati dall’ego si sono sviluppati a dismisura. L’ego è riuscito a creare dolore, conflitto confusione e paura. È arrivato a un punto di non ritorno.

Così come noi angeli siamo incapaci di penetrare in una mente ermeticamente chiusa, allo stesso modo voi potete sentirvi impotenti nel cercare di farvi breccia.

Tuttavia, se la consapevolezza può accedervi, dal momento che leggo è disperso senza speranza, esiste una possibilità di apertura attraverso la preghiera e la supplica, implorando la divinità, l’unità di Dio per la grazia. In quel momento, le più potenti unioni e cambiamenti mistici possono aver luogo. La preghiera e l’aprirsi a questo regno è l’unica soluzione al problema; non la ripetizione meccanica o la semplice declamazione, ma la supplica sentita e sincera per una richiesta d’aiuto.

Nell’attimo in cui l’io separato tocca il vertice della sua separazione e della paura, per ironia della sorte, esso è pronto ad accogliere il divino. Poiché il sinistro e devastante castello di carta che l’ego ha creato si accinge a crollare, l’ego potrebbe farsi da parte con tale impeto che quella grazia dirompente potrebbe ricolmare l’individuo. In quel momento potremmo letteralmente infondere l’amore e la potenza del nostro reame proprio nel cuore della persona che sta meditando il suicidio, e in quell’attimo guarirlo dalla sua paura. Il problema è individuare il meccanismo, il modo, le parole, l’aiuto, l’incoraggiamento che permettano il collasso finale e a quella conquista di avere luogo. Il muro della paura non può essere penetrato a meno che l’umana consapevolezza non raggiunga il divino attraverso la preghiera.

(Steven J. Thayer, Linda Sue Nathanson)

 

IL SUICIDIO: Risponde l’Angelo Ariel