Esperienza extracorporea dopo un incidente (racconto di una NDE)  ?

Barbara Martini è nata a Perugia dove ha studiato e si è laureata in filosofia. Da adolescente ebbe un grave incidente.

Era il 14 agosto 1988, l’estate fra seconda e terzo liceo. Lei aveva 15 anni. Quel giorno, alle 14 circa, Barbara è su una moto 125 con un suo amico che guidava un po’ spericolatamente. Arrivano verso una curva di via San Girolamo, a Perugia, la strada in discesa che porta verso la periferia, proprio mentre Barbara sta dicendo all’amico guidatore che voleva scendere perché stava andando troppo veloce. La curva a quella velocità però fece piegare troppo la moto che scivolò a terra. Barbara dal sellino posteriore fu sbalzata per aria e piombò sull’asfalto arroventato. Un bruttissimo colpo che spaccò in due il casco. “Quello che ricordo” racconta oggi “è il rumore della moto che striscia per terra, un rumore acuto, assordante. E poi il botto quando sono caduta e un fortissimo calore alla schiena. Dopo di che più niente…” In effetti Barbara si trova davanti a un’altra scena, inimmaginabile. “Ricordo di aver visto, subito dopo, la scena dell’incidente dall’alto… Vedevo la strada su cui il mio corpo era disteso e lo vedevo da molto in alto. Non so dire, direi un’altezza di una ventina di metri… Vedevo il sangue sulla strada. C’era molto sangue perché l’asfalto era rovente e-siccome io ero vestita solo con una polo bianca e un paio di pantaloni estivi leggeri-mi aveva strappato via la carne. Perciò avevo perso molto sangue.”La scena dunque era raccapricciante, scioccante, ma Barbara si trovava invece in una condizione di benessere indescrivibile.“E io sentivo una grandissima pace. Ricordo una brezza bellissima, come quella d’estate che ti rinfresca… C’era un contrasto totale fra quello che io sentivo, cioè come stavo, e la scena che vedevo laggiù, con tutta quella gente esagitata e preoccupata attorno al mio corpo.” Precisamente cosa si vedeva da lassù? “Io vedevo questa strada grigia… A sinistra della strada c’è una fila di casette e a destra un grande prato. Io dall’alto vedevo il mio corpo, vedevo il ragazzo che era con me sulla moto che stava chino su di me e vedevo le persone delle case che stavano attraversando la strada precipitandosi verso di noi”.Ecco qualche osservazione importante di Barbara: “Ricordo perfettamente che quel verde del prato, che il blu del cielo e il grigio dell’asfalto avevano una vivezza mai vista prima, colori mai visti prima (quando sono andata in Irlanda per la prima volta ho rivisto un verde dei prati paragonabile a quello). E la luce! A me il sole estivo di solito dà fastidio agli occhi e quel giorno d’agosto ce ne era tanto. In quei momenti, da lassù, la luce era molto più forte del normale, eppure era più dolce, totalmente in sintonia con i miei occhi. Era molto bella, piacevole”. Quanto è durato tutto questo? “Per me è durato tantissimo. Probabilmente la giù a terra è durato tutto pochi minuti, ma il mio tempo era diverso. Io l’ho percepito come un tempo lunghissimo… A un certo punto ho avvertito un grande fastidio perché sentivo chiamare il mio nome continuamente, ansiosamente, e questa cosa mi disturbava enormemente, perché pensavo: lasciatemi stare, io sto benissimo.”Come si può descrivere quella condizione? “Come assenza totale di dolore. Vivevo in una tranquillità e serenità assolute, in una corrispondenza totale con la bellezza che vedevo. Una certezza, una situazione totalmente sconosciuta. Mi sentivo nel posto in cui dovevo essere. Non ero neanche stupita, non pensavo a nulla, non mi sono fatto domande, godevo di quella situazione e basta… Avevo la consapevolezza di non avere nessun desiderio perché era tutto a posto, e ero appagata”. Poi? “La cosa che ha rotto questo incantesimo, dicevo, fu quell’insistente chiamarmi… Ricordo che mi toccavano il viso, forse schiaffetti per farmi riprendere. A un certo punto ho cominciato a vedere dal basso, dal mio corpo, le facce delle persone attorno e la scena che poco prima vedevo dall’alto. Ricordo l’impressione del sangue caldo e vedevo tutto rosso. Il dolore fisico l’ho sentito un po’ dopo. Avevo fortissimi bruciori. Tutto il corpo era escoriate ho. Le ferite erano così profonde che in seguito dovette arruffarmi i drenaggi per due mesi, perché mi mancava la carne”. E quale fu la reazione psicologica dopo “il ritorno”? “La mia reazione fu la consapevolezza di dover sopportare che mi avessero svegliato. Lo percepii come un grande sacrificio. Ricordo infatti che dicevo: lasciatemi in pace! Mi davano fastidio tutti”. Barbara finora non aveva mai raccontato quell’esperienza eccezionale.“Non l’ho mai raccontata perché è molto difficile spiegarsi, descrivere una cosa simile, farsi comprendere. E poi io stessa l’ho un po’ rimossa perché l’ho liquidata con la spiegazione che si sente dire di solito, cioè che è uno scherzo dei neuroni dopo un trauma.”L’esperienza extracorporea di Barbara è una tipica NDE. Ma c’è un ulteriore episodio che fa riflettere seriamente. Avevo letto che le persone che hanno vissuto delle NDE , dopo hanno una sensibilità diversa, d’improvviso si trovano con un senso molto acuto delle emozioni degli altri. Questa intuizione accresciuta può causare maggiori problemi come chiaroveggenza, maggior sensibilità e precognizione. Ho chiesto perciò a Barbara se, dopo quell’episodio, le era mai capitato qualcosa del genere…“Beh, un fatto strano, che mi impressionò moltissimo, accadde due anni dopo quell’incidente. Ma non l’ho mai messo in relazione con l’esperienza che avevo vissuto quel 14 agosto. Era notte, stavo a letto e dormivo. Ebbi un incubo, velocissimo, ma molto dettagliato. Vidi un mio caro amico dentro una macchina che stava bruciando”. Si trattava di un docente universitario del movimento di comunione e liberazione che in quegli anni fu un grande punto di riferimento educativo per migliaia di giovani, in molte città, compresa Perugia. Barbara doveva a lui la sua conversione, lo stimava moltissimo e gli era immensamente affezionata, come tanti altri giovani. Per questo, dopo aver avuto quest’incubo, si svegliò angosciata. “Appena mattina mi precipitai a telefonargli. Lui era al lavoro. Gli chiesi se stava bene e lui, sorpreso, mi rispose: “Sì che sto bene. Perché?”. Non gli dissi nulla. Mi tranquillizzai e lo salutai. Ma quel sogno mi aveva lasciato una fortissima impressione. Mi sembrava di rivederlo: una macchina in fiamme e lui dentro, ero certissima che fosse lui. Era così realistico che mi aveva terrorizzata.” Finito qui? “No, purtroppo. Otto anni dopo questo mio amico è morto, sull’autostrada del Sole, nel tratto da Milano a Bologna, in un incidente automobilistico. È morto esattamente come nel mio incubo: la macchina prese fuoco e lui restò intrappolato dentro”.

 

Antonio Socci- Tornati dall’aldilà

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