Dio, una scala per il cielo
Il mio amore per Dio : Ciao a tutti, proverò a raccontarvi la mia storia anche se non è semplice farlo in poche righe.
Sono stata per gran parte della mia vita una spettatrice, assistevo a quello che mi accadeva ma non vi partecipavo. Tanto per chiarezza vengo da una famiglia normale, due genitori dediti ai figli, due fratelli, Stefano, più grande e Ghigo, più piccolo di me di 4 anni, una famiglia serena direi. Dopo un infanzia e una adolescenza, nella norma, cioè costellata dalle varie problematiche dell’età, e con un carattere abbastanza timido e dimesso, all’età di 26 anni, la mia esistenza viene sconvolta da un’onda anomala. Il terrore e lo stato di allerta diventano i miei compagni di vita, scatenati da un tremendo attacco di panico, apparentemente, inspiegabile.
Comincia così la trafila dai medici: cardiologo, neurologo, specialisti vari: “sei sana come un pesce”. Una frase che rifiutavo di digerire, io stavo malissimo. Non vivevo più, o meglio srotolavo la mia vita, tra un attacco di panico e l’altro, senza rendermi conto di nulla, se non della paura che mi attanagliava, fino a togliermi letteralmente, il respiro. La sensazione di morte era così forte da condurmi più di una volta in ospedale. Questa era la mia vita, per non parlare della sensazione di impotenza e di “infuturibilità” che avevo dentro (termine che ho imparato ad usare visti gli anni di psicoterapia, e che sta a significare l’impossibilità di progettare, di proiettarmi nel futuro), e che mi faceva sentire una totale nullità, una persona del tutto incapace di gestire la propria vita e di conseguenza anche quella di un altro essere vivente, tipo un figlio.
Come avrei potuto prendermi cura di un essere totalmente dipendente da me, e poi qualsiasi tipo di responsabilità’ mi terrorizzava. In tutta questa situazione, una sola cosa mi dava forza, la mia famiglia, solo lì, nel mio nido trovavo un po’ di pace, e c’era Ghigo che è sempre stata la mia luce.
Un rapporto, il nostro, di amore profondo e viscerale, tanto che spesso al solo pensiero che potesse succedergli qualcosa di male, mi ritrovavo con le lacrime agli occhi. Ghigo è sempre stato speciale, non solo per me ma per tutti coloro che lo hanno conosciuto e amato. Sapeva darsi con tutto se stesso, in famiglia, nell’amicizia, nell’amore e questo ne ha fatto una persona indimenticabile.
Nel 1997 riappare nella mia vita, Marco, il mio primo amore del tempo delle mele, dopo 20 anni di interruzione, si riallaccia un filo che forse non si era mai interrotto del tutto. Ed è l’amore, ma anche quel sostegno e quella forza, che, fino ad allora, mi erano stati garantiti solo dalla mia famiglia.
Una sera di agosto del 98, mentre eravamo a cena con degli amici ad Ostia, una telefonata a mio padre, allertò il mio cuore a prepararsi per accogliere un grande dolore, il più grande fino ad ora. Quello stesso pomeriggio sotto un sole brillante, durante una partita di calcetto, il mio Ghigo aveva spiccato il suo volo per il Paradiso. Era morto tra le braccia di mio padre, e sotto gli occhi increduli di mio fratello Stefano, tra lo sgomento e il dolore mio, dei miei, di tutti gli amici.
Ora mi restavano solo due cose da fare, arrendermi alla disperazione e alla rabbia incontenibile, oppure affidarmi all’onnipotenza di Dio. Scelsi la seconda opzione.
Tutto quello che feci fu, semplicemente, pronunciare un “sì”. Fu semplicemente, chiedere aiuto a Lui. A Lui che fino a quel momento era rimasto, inattivo, non richiesto, ignorato, nel cassetto della mia memoria. Si ho riaperto quel cassetto e ne ho tirato fuori tutto il contenuto fino a riempire ogni angolo della mia vita e del mio cuore.
Io ho sperimentato nel vero senso della parola, quello che significa fidarsi e affidarsi a Dio. Ho sperimentato il significato della frase del Vangelo:”il mio giogo è soave, il mio carico leggero”.
Io, che al solo pensiero della morte di Ghigo, piangevo e mi disperavo, adesso che davvero era successo l’impensabile, avevo dentro di me una forza e una serenità che andavano oltre l’immaginabile. Ho avuto immediatamente la certezza della vita oltre la vita, Ghigo era vivo, e non è mai stata una forma consolatoria per difendermi dal dolore. Avevo ed ho una certezza profonda e inspiegabile, razionalmente, dell’esistenza di una dimensione extratemporale ed extraspaziale che è quella dove ora vive, strafelice, mio fratello, e credo che sia Dio stesso che me la fa sentire.
Una grazia straordinaria mi ha pervaso proprio mentre le tenebre della morte mi stavano avvolgendo, il si che ho pronunciato mi ha salvato, mi ha aperto gli occhi, mi ha fatto vedere e capire cose che non avrei mai visto o capito altrimenti. Una di queste è senz’altro la fede. Quel fatidico 22 agosto proprio mentre Ghigo saliva in Cielo, allo stesso tempo, scendeva dentro di me un sentimento di fede, così profondo, che mi ha cambiato totalmente la vita.
Non avevo nessuna prova tangibile, se non la serenità interiore che ancora mi accompagna, ma sapevo con tutta me stessa che Dio non ci avrebbe abbandonato. Per questo non chiedevo prove dell’esistenza dell’aldilà, non ne avevo bisogno, e forse proprio per questo ne ho ricevute tantissime. Segni inconfondibili della presenza di Ghigo, sono arrivati inaspettatamente, sotto gli occhi increduli, di mio marito ( il famoso Marco dei miei 12 anni), che si è arreso all’evidenza quando un giorno, Emilio, un amico, molto credente e sicuramente ispirato, ci annunciò che Ghigo era certamente l’angelo custode speciale di suo figlio Giulio, di appena 3 anni, e che sarebbe stato proprio Giulio a darcene la prova.
Qualche giorno dopo, infatti, mia cognata mi telefonò per raccontarmi il fatto seguente: Giulio si era svegliato la domenica mattina, era andato da lei e le aveva detto di aver visto, quella notte, “la luce di papà Ghigo”, che diceva di essere il suo angelo custode, che sarebbe stato sempre vicino a lui, e poi lo aveva portato nel mondo degli uccellini, in alto, in alto dove non fa mai freddo, non piove mai e dove le cose non invecchiano mai”. La mamma, un po’ frastornata, chiese al piccolo: “Ma tu dormivi? Hai fatto un bel sogno dove hai visto papà Ghigo?” e Giulio:”No mamma io ero proprio sveglio e non era papà Ghigo, era la sua Luce”.
Ora un bambino di 3 anni che esprime il concetto di Luce e quello di eternità di cui non può sapere nulla, fa quantomeno riflettere.
Questo è stato solo uno dei tanti episodi, delle tante prove ricevute, e forse qualcuno lo vedrà come una semplice coincidenza, ma la differenza sta proprio nel riuscire a cogliere tra le righe degli eventi, quelle sfumature eccezionali che rendono particolare e comprensivo di un messaggio di amore, anche il sogno reale di un bambino.
La mia fede totale in Dio, la consapevolezza dell’esistenza dell’aldilà, il ricorso a Lui in ogni circostanza della mia vita, sono stati, forse, i requisiti per ricevere da Dio un ulteriore grazia speciale ed immeritata, che è stata l’esperienza di un contatto diretto con mio fratello attraverso la “scrittura ispirata”. Dico che anche questa, come tutto il resto, è stata un dono gratuito che il Signore mi ha voluto fare, avvenuta inaspettatamente e in modo del tutto spontaneo, ho realizzato in seguito, che è iniziata proprio dopo una preghiera del cuore che avevo rivolto a Gesù, in cui gli chiedevo di prendere la mia vita nelle sue mani e di condurla secondo la Sua volontà, i miei attacchi di panico, infatti, continuavano ed io mi ero resa conto che solo con il Suo aiuto avrei potuto uscirne. Insomma voglio farla breve, perché ci sarebbe da parlare o meglio scrivere per ore, comunque attraverso l’esperienza della scrittura, ho ulteriormente arricchito il mio cammino di fede, mi sono avvicinata ancora di più alla Chiesa, riscoprendo i sacramenti e la forza di una comunità con la quale avanzare con forza e determinazione attraverso il percorso della vita.
Il mio Signore mi ha aiutato, anche attraverso i messaggi di Ghigo, a cambiare idea sul discorso della maternità, mi ha ridato fiducia in me stessa, aprendomi alla vita con più speranza e più ottimismo, e oggi sono la mamma felice di Simone, il bambino più bello e più dolce del mondo. Nei suoi splendidi occhi azzurri, ho riscoperto il grande e profondo Amore di cui Dio mi fa oggetto da sempre. Dio non mi ha mai abbandonata, ha solo aspettato che io fossi pronta per accogliere tutto il Suo amore, e per essere guarita da Lui. Ha aspettato che la mia richiesta di salvezza venisse proprio dal profondo del mio cuore.
Quando mio figlio ha fatto il suo ingresso nel mondo era proprio come lo avevo desiderato, gli abbiamo messo il nome di Simone, e sapete cosa ho scoperto dopo un po’ di tempo? Che il significato di questo nome è “Dio ha esaudito”. Vi assicuro che nulla, ma proprio nulla, accade per caso.
Vi abbraccio in Gesù, con la speranza di avervi donato qualcosa con questo mio racconto.
Loredana.