Premorte del piccolo Matteo

Il caso di premorte del piccolo Matteo è divenuto celebre perché il miracolo che lo ha riguardato è quello servito nientemeno per la canonizzazione di Padre Pio il 16 giugno 2002.

Nel gennaio del 2000, Matteo aveva sette anni e viveva con la famiglia a San Giovanni rotondo. Il padre Antonio lavorava alla “Casa sollievo della sofferenza”, l’ospedale di padre Pio, e la madre Maria Lucia era una figlia spirituale di padre Pio.
Dunque la mattina del 20 gennaio il bambino va a scuola con un leggero mal di testa. Alle 10:30 la maestra Concetta telefona a casa perché Matteo non sta bene e ha la febbre alta. Nel giro di poche ore la situazione precipita e il piccolo, che non riconosce più i familiari, viene ricoverato urgentemente alla “Casa sollievo della sofferenza”.

La diagnosi è tremenda e, nell’arco di pochi giorni, viene così formulata dai medici: meningite acuta con andamento rapido progressivo per il determinarsi di uno shock settico e profonda compromissione degli apparati cardiocircolatorio, renale, respiratorio, emocoagulativo, con acidosi metabolica.
Il bambino è in rianimazione dove si verifica anche un arresto cardiaco molto pesante, con una prolungata anossia. La situazione è davvero disperata, anche perché i danni interessano addirittura nove organi.

“ Mi sembra opportuno ricordare” scriverà il dottor Pietro Violi  “che la letteratura internazionale si ferma, nella casistica della percentuale di mortalità, all’interessamento di cinque organi, perché subito dopo, cioè a sei organi, non si è mai descritta la sopravvivenza di alcun paziente in quanto la mortalità è del 100%.”
I medici si fanno in quattro senza mai desistere. Sono spinti a fare l’impossibile anche dal fatto che si tratta di un bambino di sette anni.
Tuttavia si arriva al giorno in cui tutto pare inutile, quando il cuore sembra non farcela più. In rianimazione si svolgono colloqui concitati e drammatici. Si fanno gli ultimi disperati tentativi con l’adrenalina. Si supera ogni protocollo. Ma tutto apparve vano. Ormai si aspetta di lì a poco il decesso.
Nel frattempo in quei giorni attorno ai genitori si era creata spontaneamente una catena umana di preghiera per il piccolo Matteo. La madre faceva la spola fra l’ospedale e la tomba dove è sepolto il corpo di padre Pio. Si portano delle reliquie nella stanza di Matteo. Sperando contro ogni speranza.
E l’impossibile si verifica!

Il 31 gennaio improvvisamente accade qualcosa di straordinario e con l’incredulità di tutti, perché gli organi del bambino riprendono a funzionare.
Matteo è cosciente, ma il miracolo è duplice. Non solo il bambino è scampato alla morte sicura in modo del tutto inspiegabile, ma l’ho fatto anche senza riportare quei danni cerebrali e renali che, nel caso remoto di sopravvivenza, erano assolutamente sicuri.

La guarigione è totale e definitiva. I medici la ritengono assolutamente inspiegabile. Il dottor Alessandro Villella dichiara: ”Non sono in grado di spiegare scientificamente la completa guarigione del piccolo Matteo, senza dover pensare che possa esservi stato un intervento soprannaturale… Ribadisco il mio personale stupore per l’assenza totale di esiti neurologici, motori e sensitivi, per le normali capacità cognitive ed espressive, e per l’assenza di reliquati a carico degli altri apparati interessati dal processo morboso.”
Tutti partecipano alla grandissima gioia della famiglia di Matteo che serenamente fa la sua breve convalescenza. Il bambino, con il tipico candore dei piccoli, si era svegliato chiedendo un ghiacciolo alla coca-cola e domandando di padre Pio. Nei giorni successivi si capirà il perché:

Lo scoprono innanzitutto i familiari, sbalorditi e grati, ma niente affatto sorpresi di quello che Matteo, in tutta semplicità, racconta.
Per la medicina egli, in quelle ore fra la vita e la morte, non doveva sentire né vedere nulla, tantomeno dovrebbe ricordare qualcosa.
Ma subito dopo il suo risveglio, Matteo riferisce invece quello che ha vissuto, con precisione :

”Durante il sonno io non ero solo. Ho visto un vecchio. Mi sono visto da lontano, in questo letto, attraverso un buco tondo. Io ero vicino ai macchinari e un vecchio con la barba bianca e un vestito lungo e marrone, mi ha dato la mano destra e mi ha detto “ Matteo non ti preoccupare, tu presto guarirai,” e mi sorrideva.
Io dormivo e mi guardavo da dietro il letto, dove erano le pompe, poi a un certo punto ho visto dalla porta del box, tanti spicchi di luce fortissima che entravano. La luce mi ha svegliato e allora ho visto prima il vecchio che diceva di chiamarsi padre Pio e poi gli Angeli dall’altro lato. Io mi vedevo nel letto e stavo bene… E invece quando voi mi avete svegliato sono stato male e mi sono trovato da solo, perché padre Pio e gli Angeli non c’erano più e io li cercavo e soffrivo.”

In seguito racconta allo zio Giovanni che :” Sempre quella notte ho guarito un bimbo rigido con gli occhi celesti verdi e i capelli neri e stava sul lettino di un ospedale a Roma. Poi ho ripetuto il sogno alla mia mamma, la mamma mi ha chiesto: come sei andato a Roma? E io ho risposto: ho fatto una specie di volo con padre Pio che mi teneva la mano e mi ha parlato con la mente, e quando siamo arrivati mi ha chiesto: Vuoi guarirlo tu?. Ed io ho detto: come si fa? e lui mi ha detto:
“Così! Con la forza di volontà!”

La mamma mi ha chiesto: come hai capito che ieri a Roma? Ho risposto che ho riconosciuto il Luna Park dove ero andato con zio Giovanni.”
La madre ha ricostruito tanti segni ricevuti in quei giorni a cominciare dai profumi, tipico mezzo di comunicazione di padre Pio con i suoi figli spirituali.
Ma quello che qui ci interessa è rilevare che questi fatti, riferiti dal piccolo Matteo, sono stati riportati negli atti del processo di canonizzazione di padre Pio, nel volume relativo al miracolo canonico.
(Antonio Socci- Tornati dall’aldilà)